Il libro "Africo cognomi e ritratti" approda al Museo Nazionale di Locri
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Alla presentazione daranno il loro contributo di africesità, oltre il sindaco Versaci, il poeta Pasquale Favasuli e il Dirigente scolastico Leo Stilo, che da Reggio Calabria, dove vive, porterà la sua ricca testimonianza di Africese, figlio dell'ultimo pastore di Africo Vecchio. La presentazione, voluta espressamente dalla Direttrice Dott.ssa Rossella Agostino, si svolgerà presso il Complesso Monumentale "Casino Macrì", che si trova all'interno del suggestivo parco archeologico di Locri Epizefiri (Museo di Locri).
Resoconto presentazione del libro di Bruno Palamara al Museo Nazionale di Locri
Ricevuti alla Regione Calabria da Scopelliti, Caligiuri e Tallarico i due sub di Africo
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Premiata la scelta culturale della legalità
Due di Africo lo hanno fatto. Una creatura felina di bronzo, che magari non è stata partorita dalle mani fatate di Fidia o di Lisippo, che forse non è figlia della creatività degli artisti reggini o locridei. Un leone dorato, che fosse anche il costrutto dei nostri Sinti, di Bovalino o di Monasterace, diventa un bene comune. Due di Africo hanno dato alla Calabria ciò che a essa appartiene, compiendo un gesto che gli ipocriti vorrebbero fosse un gesto normale e che tale non è, che sarebbe bene lo diventasse. Calabria o resto del mondo, i furbi proliferano, e a ogni latitudine si opta spesso per il bene personale. Così non fosse, in tanti musei del mondo e in tante collezioni private non ci sarebbero le glorie del passato, prodotte da civiltà che in certi posti non ci sono passati neanche di striscio. La Persefone di Locri difficilmente se né andata in vacanza a Berlino con mezzi di locomozione propri. I Bronzi di Riace forse non erano impudicamente nudi al momento della loro scoperta e la testa di Porticello un corpo ce lo avrà pur avuto. Quindi bando alle ciance e chi avesse qualcosa di buono che appartiene a tutti la tirasse fuori. Monili, statue, anfore, calici e pietre. In tempi in cui la ‘ndrangheta non c’era, o non era ancora stata inventata, i calabresi sapevano fare altro, oltre che sparare a pallettoni. Di santi trofei la nostra terra è piena, e chi, inavvertitamente è ovvio, ne avesse qualcuno in cantina lo mettesse in balcone a farsi ammirare. Di leoni antichi ne salterebbero fuori tanti, se tanti fossero i leoni moderni. Perché questa è terra che di felini ha bisogno, che con gli ovini si è arrivati, ormai, al capolinea. Non vorrei essere enfatico, ma il Bruzzaniti e il Morabito non si sono comportati da pecore. Hanno fatto un gesto in controtendenza. Coraggioso si, da calabresi attaccati alla loro terra. Se il leone si rivelerà di poco valore sui loro petti ci finirà una stella di latta, e io spero che così non sia. Se al re dello Ionio verrà riconosciuta un’illustre genia, loro, eternamente, ne saranno i padri. E io, ideologicamente, il Presidente Scopelliti non lo lodo, né mi lamento per l’assenza ormai cronica della mia parte politica. Ma il suo gesto, quello di incontrarli, è lodevole. Avrebbe potuto nicchiare, aspettare conferme o bocciature. Invece, bruciando i tempi, ha ricevuto i ritrovatori di Africo. Li ha ringraziati.
Non lo ha fatto per la scoperta di un tesoro, ha, semplicemente, apprezzato il modo giusto di essere calabresi e italiani. Ha lodato la scelta di saltare fuori da un territorio considerato esclusivamente ostile. La voglia di battere un colpo. La coscienza di scegliere. E in fondo essere pecore o leoni dipende più da noi che da un destino avverso. E, per una volta, lode a tutti, tranne a chi spera che il leone si riveli una pecora.
articoli tratti dal sito http://www.larivieraonline.com
IL RITROVAMENTO DI CAPO ZEFFIRIO - Il ruggito del leone e quel vento che spinge fuori sogni e speranze degli Africoti (foto)
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di GIOACCHINO CRIACO - L’appuntamento è per le undici di questo 21 agosto, nella caserma dei carabinieri di Bianco. Il leone di bronzo ritrovato davanti al Capo Zeffirio stamattina dovrebbe passare dalle mani dei suoi ritrovatori a quelle degli uomini della Benemerita. Bruno Bruzzaniti e Leo Morabito, gli scopritori, sono stati convocati in caserma e, presumibilmente, dopo aver raccolto le loro dichiarazioni i carabinieri chiederanno la consegna del reperto. E Morabito e Bruzzaniti, ovviamente, affideranno la loro creatura nelle mani degli uomini dell’Arma. La notizia della scoperta, partita dal settimanale La Riviera, ha fatto il giro dell’Italia e c’è da scommettere che a Bianco ci sarà parecchia stampa a vedere in diretta il leone di bronzo.
Fin qui la cronaca, di un qualcosa che si spera sia importante. Un qualcosa che potrebbe avere un significato particolare. Non mi lascio prendere dall’entusiasmo facile e utilizzerò le forme e i tempi del condizionale. Per un lungo istante sono stato faccia a faccia col Leone dello Zefiro. Non sono un esperto, e in genere adotto un sano scetticismo di fronte a presunte scoperte. Ho trattenuto l’emozione davanti al felino sorto dallo Ionio. Ho girato la foto a uno dei più illustri esperti di archeologia italiani e ho atteso. La risposta è arrivata per telefono, immediata. Epoca greco-romana, importante per il pregio del reperto e, soprattutto, per quello che potrebbe esserci sulla nave che lo trasportava.
Non vi riferisco le, tante, ipotesi che ho sentito formulare. E vi dico di prendere con le molle la vicenda, fino a quando non ci saranno conferme ufficiali o ulteriori scoperte. Però dopo le telefonate mi sono lasciato andare, e invito anche voi a farlo. Per un attimo sogniamo. Si, perché per una volta un Morabito e un Bruzzaniti di Africo non andranno in caserma per farsi arrestare, e per un giorno non sarà la ‘ndrangheta a riempire le pagine dei giornali. Due africoti porteranno in caserma un dono che ritengono prezioso, e che nemmeno per un attimo hanno pensato di trafugare. Due africoti terranno stretta in mano una speranza, un regalo che lo Ionio, che per millenni ha tradito la Calabria portando dominatori da ogni dove, ha tirato fuori dal cilindro nella stessa data del ritrovamento dei Bronzi di Riace, lo stesso giorno addirittura a quarant’anni di distanza.
E il merito come al solito e dello Zefiro, che soffiando da ovest per millenni ha cercato invano di ricacciare in mare i pericoli che arrivavano da oriente, e di navi ne ha spedite tante in fondo al mare e adesso ha fatto arretrare le acque e scoperchiato il fondale. E un leone dorato ha spalancato le sue fauci sulla Locride, e non per mangiarsela. E io ci ho messo la mano in quella bocca spalancata, e per un attimo l’ho sentito il ruggito. Un lungo istante in cui un urlo primordiale mi è risuonato nella testa. Un grido di riscossa. L’ultimo che ci resta in gola e nel cuore, perché ormai siamo alla frutta e questa terra o rinasce o muore. E fino a quando una verità contraria non arriverà a spezzare il sogno, io ci credo.
Credo e spero nel Leone di Zefiro e nella Calabria. Credo e spero nei calabresi. E alle undici sarò a Bianco, a vederli “st’africoti” che sin qui sono stati additati a croce della nostra terra, e ora ci consegnato un sogno che con tutto il cuore spero duri.
articolo tratto da http://www.zoomsud.it
La notizia da altre fonti:
A colloquio con Bruno Palamara
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Pubblicata nella sezione "I libri di Bruno Palamara" - Incontro ravvicinato - Intervista a Bruno Palamara, raggiungibile anche da qui, una bella intervista da parte di una testata giornalistica locale nella quale Bruno, dopo aver scritto tre libri, risponde ad alcuni quesiti sul nostro paese.
Popolazione africese: un trend in discesa.
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In calo i residenti nel comune africese che, con una superficie territoriale di 51 kmq, passa da una popolazione residente al 31/12/2008 di 3339 a 3251 persone attestate al 31/12/2010 con l’intermedio di 3283 persone nel 2009. Osservando la tabella si nota come la maggior parte degli individui residenti nel numero di 62 unità ha un’età anagrafica di anni 20, segue 58 unità con i 46enni per ritornare con 56 unità di 24enni. Solo 2 unità 98enni vedovi e nessun centenario, al 01/01/2011. Considerato però che fra pochi mesi siamo al 01/01/2013 le due persone 98enni giungono ai fatidici 100. Auguri!!