INNANZITUTTO "AFRICO"
a cura di Andrea Morabito

Il libeccio è un vento di mezzogiorno o ponente (spira da Sudovest), è anche detto AFRICO o GARLINO. LA TERRA RESPIRO' E NACQUERO I FIGLI DI EOLO. La terra gira intorno a se stessa, il che contribuisce a deviare i venti; inoltre essa non è affatto liscia, anzi rugosa di catene montuose: ci sono mari e deserti sui quali i raggi del sole hanno effetti diversi. Così i venti hanno loro leggi e periodicità e loro capricci cioè irregolarità ed eccezioni. In tempi remoti, l'aria ebbe altra composizione, la disposizione dei continenti era differente; le glaciazioni di tanto in tanto sconvolgevano il clima. I venti sono moltissimi e dai molti nomi, dati ad essi dalle varie popolazioni delle diverse zone dove spirano. Il Watson ne elenca più di quattrocento, in un Dizionario deiVenti; qui incontriamo il l'Africo impetuoso, menzionato da Orazio ( Odi, I, XIV ), in ottima compagnia della Bora di Trieste, la fredda Bise, che La Fontaine ricorda( nella favola della cicala), la Breva e il Timavo del lago di Como; il Chocolatero polveroso del Golfo del Messico; il freddo Mistral della Provenza; il Favonio romano, che forse è il Fhon delle Alpi; i famigerati Ghibli ( molto spesso associato allo scirocco) e Simun del Sahara, e poi la famiglia dei tornadi denominati a seconda delle zone di influenza. Peccato che al Dizionario dei Venti no sia affiancato un Atlante. I venti sono tra i fattori del clima: prima di barometri e termometri, già a prevederne il tempo, fu inventata la banderuola, che - se è vero - il Papa Nicolò I, nel IX Secolo, volle che, su abbazie e chiese , avesse la figura del gallo, per memoria ai fedeli di un non esemplare comportamento dell'Apostolo Pietro. Il vento, fu con la vela , la prima delle forze naturali captate al nostro sevizio; ma , ben prima che zattere e canoe risalissero il fiumi e solcassero il mare, popolando l'intera terra, già organismi marini, come la Pysalia pysalis e la Velella spirans navigarono col vento orientando a guisa di vele, le loro cresta naturali. Molte civiltà più o meno antiche trovano una identità tra l'animo al vento; nonché l'immagine del vento come , cioè della terra.
Vi sono vari ipotesi sul nome: la più diffusa è che derivi dal fatto, che nell'isola di Zante, presa come punto di riferimento per la denominazione dei venti, il Libeccio spira dalla Libia (antico nome del continente Africano e quindi verosimiglianza con il nostro Africo). L'altro, accreditato presso i linquisti, è che derivi  dall'arabo lebeg.
Il nome Garlino è utilizato nell'area orientale dell'Emilia-Romagna, Abruzzo, Venezia-giulia, Dalmazia dove è anche detto Garlin. Tale denominazione deriva dall'arabo GHORBI, ovvero occidentale, acquisito dalla lingua turca in età ottomana.

Il nome Africo si ritrova in un poemetto di Giovanni Boccaccio, egli il nome lo affibia al personaggio principale. La trama è questa;
Un giorno, un giovane pastore di nome Africo assiste non visto ad una riunione delle ninfe e si innamora della bella e giovanissima Mensola.
Nei giorni che sequono Africo, dopo aver inutilmente domandato alle ninfe della fanciulla, decide di cercarla e alla fine la trova ma Mensola, alla vista del giovane, fugge. Fatto ritorno a casa il pastore si chiude sconsolato nella sua stanza dove rimane per diversi giorni distruggendosi dalla disperazione e preoccupando gli amorevoli genitori, Alimena e Girafone. Venere, invocata da Africo, gli appare in sogno e rassicurandolo gli suggerisce di travestirsi da donna per poter così avvicinarsi alle ninfe.
Indossato un abito della madre, il giovane pastore si addentra nel bosco e incontra Mensola con le compagne. Non viene riconosciuto e, aggregandosi al gruppo, caccia un cinghiale e dopo averlo ucciso ne mangia la carne ricevendo i complimenti di Mensola . Quando poi le ninfe decidono di bagnarsi in un limpido lago, Africo, costretto a dire la verità sulla sua identità, prende Mensola e la possiede.
La ninfa tenta quindi il suicidio ma Africo riesce ad impedirne il gesto e la giovane gli sviene tra le braccia. Riavutasi, viene consolata amorevolmente dal pastore tanto che, presa anche lei d'amore, gli cede completamente e concepisce un figlio.
Ma in sequito Mensola si pente del suo gesto perchè capisce di aver violato le leggi di Diana e da quel momento si rifiuta di incontrare Africo che, disperato di non poter più rivedere la sua amata, si getta in un fiume e il suo corpo  verrà ritrovato da Girafone.
Intanto Mensola si accorge di essere rimasta gravida e cerca inutilmente di avvisare Africo.
La giovane partorisce un bambino e Diana, scoperto lo sbaglio, la tramuta in un fiume che prenderà il suo nome e, dopo aver affidato il bambino  chiamato Pruneo ai genitori di Africo, si allontana da quei luoghi con le altre ninfe.
Pruneo divenuto grande viene accolto alla corte di Atlante che lo nomina siniscalco e all'età di venticinque anni lo sposa con una nobildonna, Tironea, facendogli dono del territorio compreso tra il fiume Mensola e Mugnone.

Africo versione Vintage: una chicca dall’Argentario
•  Autore: Alessandro Torcoli gio, 16 giu 2011
•  Tag:Graziana Grassini, Poderi di Capo d'Uomo, Vittorio Grimaldi
•  Pubblicato in Aziende e vini, Notizie, Toscana
I Poderi di Capo d’Uomo sono una piccola, ma preziosa, tenuta sul Monte Argentario, i cui vigneti s’affacciano, spudorati ed eroici, sul Tirreno. Lo sguardo spazia da Giannutri, al Giglio – placidamnete stesa di fronte, all’Elba. “Dietro l’isola del Giglio”, ci racconta emozionato il fattore Ilio, “nelle terse giornate d’inverno si scorgono le alte cime inneatre della Corsica, ed è un colpo al cuore…”.
L’avvocato Vittorio Grimaldi, proprietario dei Poderi, è uno dei rari uomini che sanno trasformare il successo in bellezza. Ha ricamato la costa scoscesa del monte con quattro ettari di vigne, coltivandoli ad Ansonica – lo storico vitigno locale – Sangiovese, Merlot e Cabernet. La vigna dei rossi, donde nasce il Maisto, è detta non a caso “l’anfiteatro” e dovrebbe essere inserita in qualsiasi atlante dei vigneti più belli d’Italia.
Ma è del bianco che desideriamo parlare, questa Ansonica che trasmette nel calice la passione bianchista dell’enologo Graziana Grassini, consulente dell’azienda. Africo è un bianco intrigante, da uve Ansonica con un pizzico di Traminer che sembra non avere il compito banale di arricchire il corredo aromatico del vino. Sorseggiando Africo 2010 si ha la sensazione che quella dell’uva aromatica serva a dare solo una spinta per esaltare le note più dolci, mediterranee e saline, di questa speciale Ansonica.
Parlando di ciò e d’altro con Ilio apprendiamo che l’avvocato sta affrontando una nuova sfida, imbottigliando la versione “vintage” dell’Africo, Ansonica in purezza con un passaggio di 6 mesi in barrique di acacia.
L’abbiamo assaggiata in anteprima. E’ piacevole e moderna nel suo essere retrò. Perché retrò? Perché agli inizi Africo era così – solo Ansonica – e se ne ripronone addirittura l’etichetta originale, che raffigura in etichetta la torre spagnola di Capo d’Omo, che dà il nome alla tenuta. Africo Vintage 2010 sarà  una chicca per l’estate 2011. Ne saranno prodotte 1.300 bottiglie, proposte a 15 euro.

L'Affrico è un torrente tributario di destra del fiume Arno. Gravemente inquinato e con un regime spiccatamente torrentizio, la sua importanza a fini pescatori è nulla. Il corso di pochi chilometri dell'Affrico bagna una piccola parte della periferia fiorentina. Il torrente nasce poco sopra via delle Fontanelle a San Domenico di Fiesole, e raccogliendo le acque di piccoli fossi della collina di Camerata scende fino al largo del Salviatino, per poi interrarsi per la maggior parte del suo corso, e infine sfociare nell'Arno all'altezza del Ponte San Niccolò.
Nel tratto scoperto, il torrenteA seguito dei lavori di interramento del suo alveo, a valle del ponte del Salviatino la sede del suo letto è stata trasformata in una lunga e stretta striscia verde che taglia il quartiere di Campo di Marte scorre in un piccolo letto posto lateralmente rispetto alla carreggiata della stretta e tortuosa via Lungo l'Affrico, nella piccola valle tra Camerata e Maiano, passando accanto alla Villa Il Palmerino, abitazione della scrittrice inglese Vernon Lee.
Il torrente vede nuovamente la luce, dopo 3 km sottoterra, all'altezza del lungarno Colombo. Nel 1956 è stata posta alla confluenza tra Affrico ed Arno una colonna recante l'iscrizione "Il torrente Affrico cantato da Giovanni Boccaccio dalla sorgiva Fiesole qui si getta nell'Arno ".

Platea seu notamento di tutti li beni stabili e cenzi che tiene e possiede ed ogni anno esigge il Beneficiato di S.Francesco di Paula jus patronato della famiglia dei sig.ri Malgeri esistensino tanto in questa Città di Bova quanto nel casale di Africo formata da me infratto.
•  1751 
•  In primis Giovanni Marti fu Andrea del casale di Africo paga per ogni anno a detto Beneficio carlini diece sopra la vigna in contrada Zimba, territorio di detto casale. Quale vigna era del fu mastro Francesco Ijdà, il quale obligossi di pagare al fu cannonico signor don Bruno Malgeri. E questi furono ceduti a detto Beneficio come per fundazione ed istrumento alli quali unitamente con altri carlini cinque annui che paga ogni anno Domenico Stilo sopra la casa ove al presente abita detto di Stilo che era del sopradetto di Ijdà e sua moglie fu Antonia Puliti. L’ha scambiato con un’ altra casa che limita con la casa di Giuseppe Spiranza e coll’ orto di Domenico Moio e la paga ove abita il sudetto di Stilo limita coll’ orto di don Giuseppe Marti, la casa delle sorelle di Bruno Spataro detta “della Mammina”. Come tutto si vede delli sudetti istrumenti e fundazione. Per Domenico Stilo dico paga per la casa 0.50.
•  Giovanni Marti fu Andrea per la vigna 1—
•  Bartolomeo Morabito apostolico notaio.   
•  Giuseppe Guagliardo di Africo paga per ogni anno di cenzo bullale a detto Beneficio di S.Francesco di Paula e per esso all’ odierno Beneficiato sopra le castagnare e vigna in contrada Magrilliso limito la via communale che va alle castagnare del signor Gio. Giacomo Romeo, via pubblica, Gio. Battista Sagoleo e di Antonio Stilo ed altri confini nel territorio di Africo carlini dieci e sette di cenzo bullale per il capitale di docati dieci e sette come il tutto appare per l’atti del apostolico notaio don Livio Stilo in dato 9 dicedmbre 1745 al quale dico –    1.70
•  Morabito apostolico notaio.  
•  Gioacchino Suraci del casale di Africo paga per ogni anno a detto Beneficio di S.Francesco di Paula e per esso all’ odierno Beneficiato carlini dieci e otto sopra la vigna  e possessione in contrada Lo Riaci territorio di detto casale limitante l’ erede di don Salvatore Modaffari oggi il rev. Don Giuseppe Marti, il fiume, mastro Francesco Pelegrino e signor don Antonio Biasi per il suo capitale di docati dieci ed otto di cenzo redimendibile quali docati diece ed otto sono stati fundati dal fu arcidiacono abbate Antonio Fiati come il tutto appare per istrumento rogato per l’ atti del notaio Antonino Foti in data ultima septembre 1719. Quale somma di carlini diece ed otto come sopra oggi si pagano da detto mastro Gioacchino carlini sei, altri tanti Antonio Modaffari carlini cinque, Leo Modaffari gerrubba e carlino uno Gio. Battista Lucisano, generi di detto Suraci per haver dotato porzione di detto stabile col sudetto peso come asserisce detto Suraci solvis ----- ----- l’insolidanza.
•  Morabito come sopra e notaio apostolico.


anno 2023 Umberto Zanotti Bianco e l'ANIMI a sessant'anni dalla morte a cura di Andrea Morabito


dal testo:

BOLLARI DEI VESCOVI DI GERACE a cura di FRANZ von LOBSTEIN dicembre 1977

071 (f. 9).

Erezione in parrocchia della chiesa del SS.mo Salvatore della località di Casalnuovo di Africo. 4 dicembre 1798

551 (f. 27r).

Al rev.do D. Domenico Gentili, sacerdote della città di Gerace. 13 dicembre 1732

Nomina a procuratore dei poveri delle Terre di Bovalino, di Benestare, di S. Agata, di Caraffa, di Precacordi, di Fer- ruzzano, di Bruzzano, di Motticella, di Casalnuovo, ossia di S. Salvatore, di San Luca, di Casignana e di Fabrizia.

662 (ff. 134v — 135r).

Al rev.do D. Domenico Ferrari, sacerdote di Casalnuovo.

13 maggio 1739

Assegnazione del semplice benefìcio ossia cappella di S. Mi­chele Arcangelo nella Chiesa di S. Maria della Pietà nella Terra di Condoianni, vacante per la morte del canonico mae­stro delle cerimonie D. Domenico Morabito, deceduto nel set­tembre del 1738.

Giuspatroni presentatori: mag.ca Oliva e Giacinto Mora­bito.

Assegnazione, in qualità di economo fon S. Salvatore di Casalnuovo, vacante per la rimozione del rev.do D. Domenico Lucisani.

Casalnuovo di Africo. Ha una sola Chiesa sotto l'invocazione del SS.mo Salvatore, in montagna, economo (non menzionato), congrua. Da istituire una Parrocchia. Anime 488.

 756 (f. 229r).

Al rev.do D. Paolo Stilo, sacerdote di Gerace e confessore approvato. 29 luglio 1746. Assegnazione, in qualità di economo, della chiesa di S. Salvatore di Casalnuovo, vacante per la rimozione del rev.do D. Domenico Lucisani. 

1345 (f. 188r).

Al rev.do sacerdote secolare D. Giuseppe Palamara, dell'Agro di Casalnuovo. 22 giugno 1831
Assegnazione della chiesa parrocchiale del SS.mo Salvatore in Casalnuovo, vacante per la morte del rev.mo D. Domenico Palamara.

1456 (f. 173).

Al rev.do sacerdote secolare D. Rocco Borgia,  di sant'Agata. 20 agosto 1841.
Assegnazione della chiesa parrocchiale curata del SS.mo Salvatore in Agro di Casalnuovo d'Affrico, vacante per la morte del rev.mo D. Giuseppe Palamara.

1478 (f. 200).

Al rev.do sacerdote secolare D. Andrea Santoro Pmamaiu da Casalnuovo. 9 giugno 1840

Assegnazione della chiesa parrocchiale curata arcipretale della Beata Maria Vergine salutata dall'Angelo nella terra di Bruzzano, vacante per la morte del rev.mo sacerdote D. San­toro Modaffari, deceduto il 21 gennaio 1844.

1490 (f. 214).

Al rev.do sacerdote secolare D. Gioacchino Mollica, di Casalnuovo. 16 maggio 1848

Nomina ad economo curato della chiesa SS.mo Salvatore nella località predetta (il parroco D. Rocco Borgia è assente).

1534 (f. 261).

Al rev.do sacerdote secolare D. Gioacchino Mollica roco di Casalnuovo. 3 agosto 1853

Assegnazione della chiesa parrocchiale curata del SS.mo Salvatore in località Casalnuovo, vacante per la spontanea rinuncia del rev.do D. Rocco Borgia.

1600 (f. 322).

Al rev.do sacerdote secolare D. Salvatore Palmara, della terra di Casalnuovo d'Affrico. 22 dicembre 1857

Assegnazione nel Santuario de Poupsis della chiesa arcipretale di S. Maria e dell'annesso superiore ufficio, vacanti per la morte del rev.mo D. Domenico Fera, deceduto il 1 luglio 1856.

35) Casalnuovo (di Africo) - Abitanti 830.

D. Ricuzio Moio, economo
D. Francesco Mollica
D. Bartolomeo Mesiano
D. Paolo Licano
D. Pietro Stilo
D. Silvestro Velonà
D. Pietro Romeo
D. Francesco Potomisi

1703  - D. Martino Stilla
D. Nunzio Mujo

1733  - D. Giacomo Sagoleo

1737  - D. Domenico Luccisano

1745  - D. Domenico Sculli

1745 - D. Placido Stilo
1768 - D. Francesco Gattani
1769 - D. Andrea Sculli 1781 - D. Antonio Migliadó
1785 - D. Andrea Sculli, di nuovo
1779 - D. Giuseppe Politi
1780 - D. Bruno Muscatello
1780 - D. Francesco Gattani, di nuovo, vicario foraneo
e dal 1798 primo parroco

1802 — D. Giovanni Domenico Palamara, parroco.

1777 (ff. 93r — 94r).
Al rev.do sac. secolare Francesco Palamara, della località Casalnuovo di Africo. 16 marzo 1882
Assegnazione della chiesa parrocchiale arcipretale di Sari Giovanni Battista, in località Precacordi, vacante per la rinuncia del rev.mo Giuseppe Infusini.
Il predetto fu immesso nel possesso il 19 marzo 1882.

1986 (ff. 385r — 386r).
Al rev.mo Antonio Sciplini, da CarerL 12 luglio 1906 Assegnazione della chiesa parrocchiale arcipretale del SS.mo Salvatore in località Casalnuovo d'Africo, vacante per la morte del rev.do Salvatore Palmara.

il 28 luglio 1838 per rogito del notaio Francesco Antico della città di Gerace fu costituita dal parroco D. Giuseppe Pala¬mara da Castelnuovo d'Affrico una cappellata temporanea in favore del figlio del fratello accolito Francesco Palamara.

1753 (f. 70).
Al rev.do Salvatore Palamara, arciprete    della località Pre- cacordi. 26 settembre 1879 Assegnazione della chiesa parrocchiale del SS. Salvatore
in Casalnuovo di Africo, vacante per la    morte del rev.mo Gioacchino Mollica. Il sopradetto fu immesso nel possesso il 2 ottobre 1879.

1763 (ff. 78r - 79r).
Al rev.do sacerdote secolare Giuseppe Infusini, del vil¬laggio di Martone. 29 aprile 1880 Assegnazione della chiesa parrocchiale arcipretale di San Giovanni Battista in località Precacordi, vacante per il tra¬mutamento alla chiesa di Casalnuovo d'Africo del rev.mo Salvatore Palmara. Il predetto fu immesso nel possesso il 31 maggio 1880.

2040 (ff. 442r — 443r).

Ai rev.do D. Antonio Sculli Pipicelli, sacerdote secolare di Natile. 5 settembre 1909

Assegnazione della chiesa arcipretale del SS.mo Salvatore m Casalnuovo d Africo, vacante per la rinunzia del rev.mo Francesco Scordo.

2043 (f- 444).

Al rev.do D. Francesco Pisani, arciprete di Bruzzano. 15 novembre 1909

Assegnazione della chiesa arcipretale del SS.mo Salvatore in Casalnuovo d'Africo, vacante per la rinunzia del rev.mo Antonio Sculli-Pipicelli.


Un’antica platea della chiesa di Africo
ricerche di Andrea Morabito
 

Antica platea ritrovata della chiesa di Africo

Il documento è stato recuperato grazie alle ricerche di Andrea Morabito. La platea rappresenta un documento inventariale dei possedimenti della chiesa San Nicola di Africo redatto dal Parroco. Lo scritto può essere collocato, con tutta probabilità, in un arco temporale che va dall'anno 1500 al 1700. Abbiamo cercato, con fatica, di interpretarne il contenuto:

"Platea seu podio delli Beni stabili rendite, canoni … ed altre annue, si spettantino alle venerabile Cappella … eretta dentro la matrice del Casale di Africo compilata nell’anno 1522 sotto li 19 Maggio in detto casale ad istanza del reverendissimo Giano Paolo Poze da Castrovillari Canonico della … Bona, e Benef. di detta cappella con l’assistenza dell’esperti di detto casale D. Pietr’elia Sacerdote e Paolo Vitali, e Gino …lo Brutto prattichi di tutta la pianta (piana) e circuito di detta (abbazia?)"

 Una "platea" dell'antica chiesa San Nicola di Africo

 

 

 

 


Pubblicato nel libro curato dalla Cineteca della Calabria e presentato a Roma
Grazie alle ricerche di Andrea Morabito

La miseria degli aspromontani viene filmata e portata nel mondo: paesi senza strade, fognature, assistenza sanitaria. Nessuna casa da potersi definire tale.
«Entrai per l’ingresso di via XX settembre, con la “pizza” sottobraccio, un pomeriggio del mese di aprile del 1951. Venni introdotto dal Capo della Casa Civile del Presidente, attraversai enormi saloni e visitai il giardino sempre accompagnato dal mio ospite. Poi fu l’ora della proiezione. Nella sala Luigi Einaudi sedeva accanto a Donna Ida, entrambi attorniati dai rappresentanti della Casa, civile e militare, con le rispettive consorti. Fui colpito dall’aria sana, di buona famiglia senza pretese e senza ostentazioni che vi regnava. E di qui una distinzione più che signorile, una comunicativa che non poteva negare, agli illustri ospiti, l’adesione totale del visitatore e la sua franchezza nel parlare. Africo era un paese sperduto, sulle falde dell’Aspromonte.
In quel luogo, l’unico autentico moto di interessamento per una condizione di vita primitiva e disumana, certamente non “cristiana”, era giunto dal Presidente della Repubblica. Senza strade, senza fognature, senza assistenza sanitaria, senza case minimamente possibili, Africo emanava un lezzo acuto, lungo i suoi vicoli oscuri. E la secolare miseria del meridione doveva passare, ora, davanti agli occhi del liberale Einaudi, su d’uno schermo assai più vasto del piccolo quadro bianco installato nella sala del Quirinale. Alla fine della proiezione, Donna Ida appariva commossa fino alle lacrime.
Il Presidente mi chiese: “È proprio tutto così?” “Eccellenza, è peggio, molto peggio - risposi - ma non mi è stato possibile mostrare di più. Questi documentari, per recuperare almeno le spese, devono passare per una commissione di censura e per un comitato tecnico. Se sono sgraditi, la censura li ferma o il comitato tecnico o tutti e due insieme”. Il Presidente rimase pensoso. Poi batté per tre volte il bastone sul tappeto». È la parte finale dell’articolo che il regista calabrese Elio Ruffo scrisse per il Paese Sera, raccontando le vicissitudini (censure ministeriali e “paesane”) che accompagnarono la realizzazione del documentario intitolato S.O.S. Africo; 


Africo e Corrado Alvaro
di 
Andrea Morabito

Corrado Alvaro scrisse di Africo, poche righe in un breve testo, nato come conferenza nel 1930; (il libretto appartiene alle «Visioni spirituali d’Italia» a cura di Jolanda De Blasi) che organizzo un ciclo di conferenze, chiedendo agli scrittori più noti dell'epoca, cioè degli anni trenta, confidenze e descrizioni relative ai propri luoghi di origine, poi stampati successivamente. Alvaro, intitola il suo volumetto "Calabria" che uscì nel 1931.(Firenze, casa Editrice Nemi).Il passo in questione recita....."".Proprio in questi anni un fatto che seminò lo stupore fra quelli che si occupano di Mezzogiorno, mi riportava immagini d'altri tempi. Esiste sull'Aspromonte un paesello che ha nome Africo, nome che suonò sempre, fra le stesse popolazioni dell'interno, come curioso e selvaggio. Due o tre anni fa alcuni nuclei di questa popolazione furono trovati vaganti per l'Italia, e si erano spinti fino all'Emilia. Una inchiesta stabiliva che le condizioni di Africo, da lungo tempo difficili, erano diventate disastrose in séguito a una carestia che aveva colpito la contrada non legata da nessuna strada al mondo civile, le risorse locali erano state distrutte dal maltempo, la popolazione tutta, senza distinzione, ridotta a malpartito, le stesse abitazioni devastate dalle alluvioni, ed ecco la ragione di quell'arretrare. un pane impastato di paglia fu portato al capo del Governo ad attestare lo stato di quella popolazione. Il Governo propose agli abitanti del luogo di trasferirsi più in basso, a contatto con le strade maestre e la civiltà. Inutile. Africo rimase dov'era, e non ci volle molto ad alleviare quella sua condizione"". I'indagine, a cui fa riferimento Corrado Alvaro, probabilmente è quella condotta da Umberto Zanotti Bianco e Rossi Doria nel 1928 per conto dell'associazione ANIMI, Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno; gli anziani africesi e casalinoviti se li ricordavano ( purtroppo ormai tutti morti). Arrivò accompagnato, come ricorda nel suo scritto "Tra la perduta gente" del 1928, da Piacentini ( non so se si tratti del famoso Architetto, dubito) e dall'Ingegnere Buttini.

Io personalmente non ho mai sentito dire, di Africesi sperduti per l'Italia e ritrovati vaganti alla ricerca di non so che cosa; leggerlo, mi ha colto assolutamente ignorante su questo fatto. E' assolutamente vero che il pane che si mangiava in quel disgraziato paese, era assolutamente immangiabile, e forse del pane aveva solo il nome e nemmeno la forma. Fu mandato, da Zanotti ai suoi amici per farglielo conoscere. La prova, è l'articolo si L'Unità, di Giorgio Amendola, dove racconta di aver ricevuto un pezzo di questo "pane" dalle stesse mani di Zanotti Bianco; pur nell'assoluta indigenza, aggravata da un endemica carestia di farina, non posso credere che quel poco, venisse mischiato alla paglia; castagne, ghianda e altri intrugli ma no paglia: almeno credo!!.


Immagine di Africo Vecchio

AFRICO VECCHIO

Centro dell’Aspromonte fondato nel IX secolo A.C. dagli abitanti di Delia, o Deri, colonia locrese situata forse alla foce della fiumara San Pasquale. Fu, tuttavia, Casale di Bova, e fino alla caduta del feudalesimo (1806) appartenne all'Arcivescovo di Reggio al quale era stato affidato nel 1195 da Arrigo VI in riconoscimento della sua condotta durante la conquista della Sicilia. Fu colpito dal terremoto del 1783 che provocò la morte di sei persone e produsse danni per ottantamila ducati. Per l'ordinamento disposto al tempo della Repubblica Partenopea fu considerato autonomo ed incluso nel Cantone di Bova, cui rimase con la stessa qualifica nell'ordinamento francese del 1806, che pur gli attribuiva il villaggio di Casalinuovo, ed in quello borbonico del 1816. Fu danneggiato dal terremoto del settembre 1905, ed ancora da quello del 1908. Nel 1930 fu disposto il consolidamento dell'abitato a totale carico dello Stato. Qui si trova l'antico monastero di San Leone d'Africo detto più semplicemente monastero di San Leo (di cui si conserva una reliquia). Le alluvioni del 1951 e del 1953 hanno tragicamente distrutto l'abitato costringendo la popolazione a cercare riparo altrove. Per arrivare ad Africo si può seguire la via Bova Marina-Bova-Campi di Bova.

Immagine di Casalinuovo

CASALINUOVO o CASALNUOVO

Frazione (45 ab.) del comune d’Africo (RC). Già casale di Bruzzano, detto Casalnuovo, Casalnuovo d’ Africo, ed anche Salvatore, secondo i tempi dell'appartenenza ad Africo od a Bruzzano, è situato su una rupe, nei pressi di Africo, alla destra del torrente Aposcipo. Un tempo era abitato da alcune famiglie che professavano il rito greco, in seguito abbandonato. Le tracce dell'origine greca si conservano ancora oggi nel modo di parlare, tuttavia modificato. Dato per inesistente nella metà del cinquecento, è registrato tra i borghi più danneggiati dal terremoto del 1783. Vi era praticato l'allevamento del baco da seta. Alla fine del settecento i suoi abitanti erano all'incirca seicento. Come Africo anche Casalinuovo è stato gravemente danneggiato dalle alluvioni del '51 e '53. Le persone che hanno vissuto quel periodo raccontano il susseguirsi di piogge continue e lente che provocarono frane e trasportarono a valle valanghe di detriti, fango e pietre dalle montagne adiacenti. Qui si trova la chiesa parrocchiale del SS. Salvatore.

DA " STORIA DELL'ARCIDIOCESI DI GERACE" - ANTONIO OPPEDISANO

Casalnuovo, posto a 737 m. sul mare, è il paese più distante della Diocesi, e vis si accede attraverso una via mulattiera, fiancheggiata da orridi precipizii. Un tempo il paese ebbe molto a soffrire a causa del brigantaggio, formato da malviventi del medesimo paese, e poscia, per castighi inflitti dal Governo, è rientrato nell'ordine. La chiesa, che pare sia stata edificata nel 1630, dal Principe di Roccella, che ne tenne il patronato fino ad epoca non accertata, per economale; fu poscia mantenuta dalla pietà dei fedeli, e nel 1783, l'economo fu retribuito dalla C.S. con l'annuo compenso di 60 ducati. Con Bolla del Vescovo Barisani del 4 dicembre 1798 fu elevata a chiesa parrocchiale. La chiesa possedeva il beneficio del SS. Rosario, di patron. della famiglia Maisano, con l'onere di una messa per ciascun sabato, e con l'obbligo di fare la festa annuale. L'altro beneficio, detto del Carmine, era di patron. della famiglia Bruzzaniti. Nella giurisdizione parrocchiale non vi furono chiese sussidiarie, nemmeno in tempi antichi. Nel 1830, il vescovo, si era interessato di fare elevare Casalnuovo a comune autonomo, smembrando da Africo, ma la Intendenza di Reggio, in data 28 luglio 1830, non aderì perchè il numero della popolazione era inferiore a 1000 anime, quante ne richiedeva la legge; continua tuttavia a rimanere sottocomune di Africo. La chiesa, essendo stata devastata dal terremoto del 1908, è stata demolita, ed è in costruzione la nuova, che ha le dimensioni di m. 18 x 7, e sarà rifatta a spese dello Stato, con la somma di L. 321000. L'annuo reddito che percepisce il parroco è di circa L. 4000, compreso il supplemento di congrua in L. 2562 e la rimanenza proviene da otto censi annui. Da una nota eseistente in Curia, del 1859, apparisce che la parrocchia di Casalnuovo possedeva censi e prestazioni anche in territorio di Gerace, e propriamente nelle contrade: Tafaria, S.Monica, Puzzello, S.Fili, Trunchi, Conzora, Bricà, Misovano, Camocelli o Riposo, Filiciuso, Squellazza e Carbone. In chiesa non vi sono sodalizi, nè associazioni religiose. La popolazione è di circa 1030. Non vi ha canonica, nè oggetti preziosi, nè opere di arte o storiche. Titolare e patrono della parrocchia è il SS.Salvatore. Le processioni che si fanno a Casalnuovo sono: quella del Carmine; del SS.Salvatore e l'Addolorata.

Cronologia dei curati che si sono succeduti nel corso degli anni dal 1654 in poi:

  • 1654 Michele Moio - Francesco Mollica - Bartolo Misiano - Paolo Lucano - Pietro Stilo - Silvio Velonà - Pietro Romeo - Francesco Patamisi
  • 1703 Martino Stillà - Nunzio Mojo
  • 1733 Giacchino Sagoleo
  • 1737 Domenico Luccisano
  • 1745 Domenico Sculli - Placido Stilo
  • 1768 Francesco Gattani
  • 1769 Andrea Sculli
  • 1771 Antonio Migliardò
  • 1775 Andrea Sculli a interim
  • 1779 Giuseppe Politi
  • 1780 Bruno Muscatello
  • 1781 Francesco Gattani a interim
  • 1798 Francesco Gattani nipote primo parroco
  • 1808 Domenico Palamara
  • 1831 Giuseppe Palamara - Gioacchino Mollica
  • 1879 Salvatore Palamara
  • 1906 Antonio Sciplini - Francesco Scordo da Bianco
  • 1909 Antonio Sciplini - Francesco Pisani da Bruzzano
  • 1917 Francesco Marando da Platì
  • 1921 Francesco Pugliese da Gerace
  • 1925 Antonio Pelle da Antonimina.

(Cronologia inserita grazie alla segnalazione di Andrea Morabito)


Articoli pubblicati sul sito https://www.metisnews.it da Andrea Morabito