Se infilo la testa nella vecchia scatola dei ricordi, dopo le feste dei Santi e dei Morti, San Martino occupava un posto importante. Prima di tutto l’iconografia: il libro di lettura delle Scuole Elementari lo proponeva ogni anno con la stessa immagine. Soldato romano austero, elmo compreso, in sella ad un indomito e nerboruto cavallo bianco che impugnava la spada, nell’atto di tranciare un rosso mantello svolazzante da donare ad un vecchio seminudo verso di lui proteso! Colori e forme vivide e definite, non immobili ma che lasciavano indovinare le movenze del prima e del dopo. Increduli e sbigottiti ascoltavamo “ 'U cuntu i San Martinu".
Novembre, primi freddi autunnali, giornate umide e piovose, iniziava così la lunga e faticosa stagione della raccolta delle olive: la sera, dopo cena, tutti intorno al fuoco [o focularu], tra una castagna ’mpurnata o ‘na fava sicca arrustuta, i grandi con un bicchiere di vino novello che sisijava. 'A nanna [la nonna], ok per favorire il sonno di noi piccoli, dava il là: -Mo… vi cuntu ‘nu cuntu!
A questo magico inizio, noi bambini ci predisponevamo accucciati ed attoniti, cu i ricchji appizzati e l’uacchji sgranati!
San Martino, guerriero forte e gentile, sempre pronto e lesto in battaglia, ben' vestito e ben' armato, di colpo, nel galoppare, viene fulminato dalla visione di un misero vecchio pezzente, laido e seminudo. Inaspettatamente l’austera bellezza del Cavaliere scompariva! Tutte le figure, compreso il cavallo, si umanizzavano! Durante il racconto percepivamo anche la nausea del misero vecchio [Scazu, ignudu e tuttu fetusu!] e l’umanità del Cavaliere veniva pian' pianino fuori [Fuuacu mio! Cuamu vi ridducistivu?]; la condivisione, alla fine, era certa ed attesa. Raccontato dapprima con toni e gesti pacati e misurati poi con domande e risposte decise e precise:
-Cu siti? (con voce interrogativa e sicura) -..'Nu ..poveru..viacchju (con voce flebile, malata e stanca). Fateci caso, i vecchi, nei racconti, erano sempre poveri, malati e stanchi.
E così via, fino a…
All’improvviso [a’ 'ntrasatta], il fendente della spada -zzacchiti!- divideva in due il mantello! -Accussì, stati caddu caddu! Il povero vecchio poteva così trascorrere l’inverno al calduccio! Per noi ragazzini, sollevati da tanta pena, il vecchio ci stava già seduto accanto o focularu, a sorseggiare il suo bicchiere di vino novello cu i sisiji, a sbucciare la sua castagna ’mpurnata mentre la notte, il Cavaliere San Martino ci appariva ancora in sogno continuando la sua battaglia con la luccicante spada!
Piccola nota: Per noi, allora ragazzi, questo, come altri cunti avevano una notevole importanza per la nostra "educazione sentimentale". I cunti avevano la capacità di metterci in congiunzione, con amorevole e caritatevole sintonia, con un passato ed un futuro, proiettandoci in una dimensione onirica, senza tempo e senza spazio, rendendoci protagonisti di "una solidale catena d'appartenenza" che era magica, unica, singolare e condivisa!
Gianni Luzzi