La figura di Umberto Zanotti Bianco è senza dubbio fuori dal comune. Uomo del Nord che profuse a piene mani in tutto il mezzogiorno un impegno sociale che lo ha reso immortale agli occhi dei meridionali. La sua indole naturale, l'influenza degli scritti di autorevoli meridionalisti come Franchetti, Fortunato, Salvemini lo convinsero a un scelta di vita ad appena vent’anni, che lo legò inesorabilmente alle sorti del Mezzogiorno d'Italia per tutto il resto della sua vita. Nonostante le molteplici attività che lo impegnarono nel sorso degli anni, non dimenticò mai la sua assunzione di “responsabilità” verso il Sud d’Italia, che chiamava il “mio mezzogiorno”. Portare negli umili, tra la povera gente, l'infanzia e gli analfabeti dei luoghi più abbandonati, mediante la scuola, una elevazione ad un livello di vita più umano e civile, fu l’impegno, che assunse con la sua Associazione, da uomo d’azione qual’era, per portare istruzione là dove la povertà e l’ignoranza dominavano sovrane. Lavorò in questo campo con ardore indefesso.
La sua indole naturale; col suo fervore di apostolato, il suo puro entusiasmo, l’illimitata dedizione alle opere per il mezzogiorno, specialmente per le scuole e gli asili e per l’attaccamento ai diseredati del Sud, aveva conquistato la fiducia e la stima di tutti coloro che lo conobbero. Il tratto dominante del suo carattere era il coraggio di intraprendere sempre nuove imprese, secondo la lezione impartitagli da Gaetano Salvemini fin dal 1913 << buttarsi allo sbaraglio, anche senza speranza alcuna, contro il sopruso e l’ingiustizia >>. Un’altra caratteristica del carattere era la sua schiena dritta; qualità molto rara nel periodo da lui vissuto. Il suo fervore mazziniano lo portava a essere sempre in azione dove c’era bisogno di portare aiuto; con speciale dedizione agli umili, ai contadini. Salvemini in una pagina del suo diario del 1923, lo definì “ La più bella ed eroica creatura, che io abbia incontrato nella vita”( Salvemini, scritti sul fascismo II, a cura di N. Valeri e A. Merola, Feltrinelli,1966 p. 139) Giustino Fortunato, lo chiamava fiero allòbrogo, riferendosi al nome dato per scherzo ai piemontesi, con allusione anche alla rude fierezza di loro carattere.
Nasce nel 1889 a Creta, da padre diplomatico piemontese e madre di origine anglo – svedese, Henriet Tulin. Studia al collegio dei Barnabiti di Moncalieri, vicino Torino, in cui prevalgono correnti cattoliche moderniste, e vi si diploma come allievo migliore. Avvia in quegli anni, un’intensa corrispondenza nonostante la giovane età, col famoso scrittore Antonio Fogazzaro, conosciuto poi direttamente nel 1908 e divenendo il suo primo ispiratore di ideali sociali nel senso più largo del termine; problemi del Mezzogiorno da redimere, quel Mezzogiorno di cui egli si assunse successivamente la "responsabilità morale" avendo vissuto intensamente la tragica povertà, e la sua inchiesta su Africo, che si accompagnò costantemente a una lotta per la ricostruzione del paese desolato, ne è uno - uno fra i tanti - degli esempi più toccanti; ai problemi della ricerca archeologica.( Margherita Isnardi Parente - Zanotti Bianco o della vitalità del passato, in Italia Nostra, Umberto Zanotti Bianco, 1889-1963, AA.VV. , 1996)
Incoraggiato come sappiamo, a scendere a dare soccorso alle popolazioni devastate del terremoto di Messina e Reggio Calabria, dal Fogazzaro, con una schiera di suoi amici vicentini, tra cui Giovanni Malvezzi e Filippo Sacchi, partì per la Calabria al seguito del comitato di soccorso di Vicenza, come volontario nei primissimi mesi del 1909, appena ventenne. Qui incontra e stringe amicizia, che doveva poi durare per tutta la vita, con Gaetano Salvemini, che sarà un ascoltato maestro per Zanotti e un amico a cui chiedere consiglio per Salvemini; amicizia che si salderà e diverrà intima solo più tardi nel 1912 a Reggio Calabria, quando Zanotti assunse la responsabilità di quell’ufficio dell’Associazione ANIMI, e il meridionalista lo va a trovare e passa alcuni giorni in città. Altra amicizia, nata tra le rovine della città di Messina, fu quella con un esule russo a Capri, Maxim Gorkji, anche lui sceso a dar e soccorso alle popolazioni terremotate. Da quest’incontro nascerà in Zanotti la simpatia per l’”anima russa”.
Il terremoto del 28 dicembre 1908, fu la scintilla che Illuminò quelle menti di uomini già predisposti nell'animo al bene. E' il primo contatto con una regione devasta che gli mostra a tutti coloro che scesero a dare soccorso, la sua sventurata miseria. Queste condizioni, più che i problemi connessi alla distruzione, turbarono le menti di quel gruppo di giovani scesi con Zanotti; perché per loro ignoti e inaspettati.
Nascono in tutta Italia molte Associazioni allo scopo di portare un primo soccorso e aiuto e che poi in molti casi si trasforma in aiuto stabile per il Mezzogiorno d'Italia: esempi sono la fondazione a Firenze della Società fiorentina per la scuola popolare nel Mezzogiorno, del marchese Guicciardini, - qui nell’ottobre del 1909 si rincontrano Salvemini e Zanotti Bianco - su proposta di G. Salvemini e a Milano si costituiva il Comitato lombardo per i danneggiati del terremoto. Queste due Associazioni sono collegate all'ANIMI, in quanto la prima verrà assorbita dall'Associazione di Zanotti Bianco, la seconda cederà alla stessa numerose abitazioni prefabbricate, con cui si costruiranno i primi nuclei di asilo di Ferruzzano e Bruzzano.
Quando, in primavera ritornarono al nord e si ritrovarono di nuovo accanto al vecchio Fogazzaro, era già maturata in loro la decisione di ritornane; le impressioni che Zanotti ebbe nel vedere tanta distruzione e miseria, lo indussero a organizzare per l'anno dopo un inchiesta sull'Aspromonte occidentale con l'amico Giovanni Malvezzi. Senza ombra di dubbio quell’esperienza dei primi mesi del 1909 per le contrade devastate dal terremoto trasformò l’inclinazione naturale al bene, di quei giovani, in una precisa volontà a costruire qualcosa che fosse più duratura e stabile per il mezzogiorno. Si gettarono le basi per la costituzione di qualcosa che avesse come punto di arrivo un impegno per il Sud più concreto e stabile; la costituzione di un'associazione che avesse come scopo l'assistenza e la promozione economica e civile che andasse oltre i limiti temporali dell'assistenza immediata; uno studio approfondito della questione meridionale ( che conoscevano per sentito parlare ma di fatto non avevano conoscenza concreta).
L'inchiesta sull'Aspromomte occidentale, fu il primo contatto vero con la realtà calabrese di Zanotti e della stessa Associazione, anche se non ancora costituita ufficialmente. Cosa che avvenne alla fine del 1909 , quando si gettarono le basi per la sua costituzione tra Malvezzi, Lombardo Radice e Bodio con Giustino Fortunato, Leopoldo Franchetti, Pasquale Villari, Gaetano Salvemini, Tommaso Gallarati Scotti, Aiace Alfieri, Alessandro Casati, Giovanni Malvezzi, e nel corso della sua attività si unirono Don Orione, Filippo Turati, Anna Kuliscioff e molti altri alla fondazione dell’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia (ANIMI). Gaetano Salvemini in una lettera del 16 dicembre 1909 a Giustino fortunato dice << un gruppo di giovani e di ...vecchi vorrebbero mettere su un'associazione nel Mezzogiorno con fine immediato di concretare gli sforzi intorno al problema dell'istruzione e dell'emigrazione in Provincia di Reggio Calabria...>> Nella lettera si elencano i nomi che già sappiamo. I "vecchi" di cui scrive Salvemini, sono Villari, Sonnino, Franchetti, Colajanni, Fortunato, che ormai anziani e delusi avevano abbandonato, tranne Fortunato e Colajanni, l'impegno diretto in materia meridionalistica.
Il progetto stesso della'Associazione fu discusso e messo a punto nella villa di Oria di Antonio Fogazzaro. Una seconda e decisiva riunione si tenne in casa di Tommaso Gallarati Scotti. Due mesi dopo, questa lettera, il 1 marzo 1910 in una sala del Senato l'Associazione veniva costituita sotto la presidenza onoraria di Pasquale Villari e quella effettiva di Leopoldo Franchetti che ne ospitò la sede nella sua abitazione di via De Pretis 74, fino al marzo 1921 e poi trasferita nel palazzo Taverna in via Montegiordano.
Tutti uomini di estrazione sociale e orientamento ideologico differenti ma decisi ad affrontare il problema dell'istruzione di base nell'Italia meridionale; vennero create centri scolastici per l'infanzia, sopratutto nei centri isolati; Africo e Casalnuovo sono esempi emblematici. Zanotti, era già operante in questo campo a Reggio Calabria e come naturale conseguenza, dal Consiglio direttivo dell'Associazione gli fu affidato l'ufficio di Reggio, dopo che Aiace Alfieri si dimise dall'incarico di primo responsabile dell'ufficio, già nel 1912. Gli asili infantili realizzati a Meliccuccà, Bruzzano Zeffirio, Melito Porto Salvo, Villa San Giovanni, Bova Marina - quest'ultimo, intitolato a De Amicis, costruito con mutuo contratto dallo Stato, un contributo personale della regina Elena, On. De Nava con la sua Associazione "As. Pro Schola", Salvemini ed una certa Signorina Sanguisi dell'Unione Italiana per la Cultura, il Comune di Bova e per l'impegno personale ed economico di Maxim Gorkji e degli esuli russi di Capri che raccolsero la somma di 6.000 lire - furono le prime fatiche di Zanotti.
Allo svolgimento e consolidamento delle attività dell'Associazione in Calabria contribuirono due decisioni; quella di Zanotti Bianco di assumere nel 1912 la direzione dell'ufficio di Reggio Calabria, dove vi si trasferì definitivamente a soli 23 anni, e la decisione del presidente di affiancare a Zanotti Bianco, nel 1914 come Consigliere Segretario Gaetano Piacentini, che sarà per gli anni avvenire l’infaticabile realizzatore delle sue iniziative. Dalla Calabria l'Associazione si estese in Lucania e poi altre regioni meridionali. Gli asili, ambulatori per l'assistenza ai malarici e la distribuzione del chinino, piccoli edifici per scuole rurali, colonie per ragazzi e case-famiglia per ragazze, centri diagnostici per la diagnosi e la cura degli effetti della tubercolosi, non ché i postumi di poliomelite, venne eseguita anche qualche bonifica di suoli dai pantani, furono i risultati portati alle popolazioni soccorse. Molto si fece, come si vede, ma non sono le dimensione delle opere fatte che contano; ma è piuttosto il suo significato morale e civile che le rende indimenticabili. Il principale campo di attività è sempre rimasto però l'attività tradizionali dell'Associazione; biblioteche, asili infantili. E Tuttora attiva
La sede dell'Associazione ANIMI a Reggio Calabria era ubicata a Vallone Schiavone, questi era un appezzamento di terreno sul quale vi erano una serie di casette rurali danneggiate dal terremoto e un fabbricato di cemento armato. Quest'ultimo venne restaurato e trasformato in biblioteca e l'altro divenne l'abitazione di Zanotti. Quest'appezzamento di terreno venne acquistato da donna Sofia Cammarota dal conte Guido Borrelli nel 1914 e messo a disposizione all'Associazione per gli Interessi del Mezzogiorno d'Italia, e dopo la morte della nobildonna, nel 1941, acquistati dall'Associazione. Successivamente un altro piccolo edificio venne utilizzato come asilo. Le altre sedi in Calabria furono a Catanzaro in casa Ferraggina dal 1921 al 1929, per volere di Giuseppe Isnardi, la terza a Cosenza in Corso Telesio.
Qui Zanotti Bianco si sentiva a casa sua, dimorava lunghi periodi tra gli anni dieci - venti e più saltuariamente anche se per lunghi periodi fino egli inizi degli anni trenta; fin quando non poté più soggiornare in Calabria per ordine del potere costituito; gli uffici, divennero di fatto per Zanotti il luogo di residenza stabile. Questo suo amore per la diffusione della cultura, lo riporta al Sud immediatamente dopo essersi ripreso dalle ferite subite in guerra; in una lettera a Giustino Fortunato del Novembre 1919 testualmente scrive<< tornerò quindi nel mio Mezzogiorno, e se avrò vissuto senza molto concludere, potrò almeno dire d'essere stato sinceramente fedele alla mia fede>>.
La prima sede regionale dell'associazione in Calabria, sin dal 1910 anno della costituzione, era stata una baracca a Villa San Giovanni, come ANIMEMI (Associazione Naz. per gli Interessi morali e economici del Mezzogiorno d’Italia); il nome fu poi abbreviato; dal 1912 divenuta più semplicemente ANIMI. Qui, in questa prima sede, si recarono i primi Apostoli del meridionalismo moderno; Zanotti, Malvezzi, Vaina e Donati guidati da dall'Ing. Aiace Alfieri, che però già nell'estate del 1912 a causa di impegni personali, si dimise dalla carica di direttore dell'ufficio di Reggio Calabria, e come sappiamo sostituito nella carica di direttore da Zanotti Bianco.
Zanotti, come si è visto già operante in Reggio Calabria agli ordini di Alfieri; fu la naturale e conseguente scelta, del Consiglio direttivo dell'Associazione. Di questa prima sede scrive nella "Storia dell'Associazione Nazionale per gli interessi del Mezzogiorno nei suoi primi 50 anni di vita" P. 10-11 << In quella baracca ove per dormire, eravamo costretti a costruire l'una sull'altra tante cuccette in cui ci issavamo aiutandoci a vicenda, passammo un periodo di intenso fervore. Sciamavamo all'alba diretti in tutte le direzioni: chi verso un comune montano che ci aveva chiesto una biblioteca; chi per iniziare le trattative per la gestione di un asilo costruito da un comitato di soccorso e rimasto abbandonato; chi verso Reggio per interrogare un ispettore scolastico sulle condizioni delle scuole della sua circoscrizione, chi per radunare in un paese della costa i pescatori ed indurli ad unirsi in una cooperativa illustrandone i vantaggi. E la sera, stanchi, ma intimamente lieti, ci raccontavamo le nostre avventure seduti da davanti alla baracca (...) nessuno saprà mai le centinaia e centinaia di chilometri che percorremmo a piedi in quel periodo, imparando nei più minuti particolari, la geografia di quella terra che volevamo aiutare.>>
Da li fu poi nel 1911, anno in cui l'Associazione divenne ente morale, trasferita a Reggio. Negli anni tra il 1920 e il 1938 fu segretario dell'ufficio Giovanni Pisano, sceso in Calabria da Vercelli, che dimorava con la famiglia. Negli anni di guerra e nell'immediato dopo guerra fu abitata da Ugo Piacentini nipote di Gaetano. Successivamente, fino alla metà degli anni sessanta è diretta e gestita da un giovane funzionario Luigi Antonuccio. I due edifici erano divisi dalla strada da una breve striscia di giardino, quasi interamente occupato da due giganteschi cipressi, da qui il nome dato al luogo di "Cipresseto". Dietro l'edificio, vi era la continuazione del giardino occupato da altri cipressi e da agavi ed una piccola depandanse; la casetta della custode. Dei due edifici, l'uno era un vero e proprio villino residenziale; l'altro a un solo piano era uno stanzone con infondo dei vani per uffici e sevizi, serviva da biblioteca.
Il villino, al primo piano ospitava la camera da letto di Zanotti Bianco, decorata alla maniera russa, un omaggio alla sua passione per il popolo russo. Il piano terreno, era particolare come tutti gli edifici dell'ANIMI, forse arredato da Gaetano Piacentini. Mobili di legno scuro, una stufa, e le pareti pieni di quadri o meglio di fotografie incorniciate. Da questa stanza una scala di legno verde portava alla camera di Zanotti Bianco, con le pareti fasciate di legno e per terra parquet parzialmente coperto da una pelle d'orso. L'arredo era composto quasi esclusivamente da scaffalature piene di libri. Da questa stanza si accedeva alla grande terrazza, che al tempo di Zanotti era letteralmente invasa dal glicine. Da li, gli occupanti il villino, potevano ammirare il lontananza l'Etna. Di fronte, in fila le case di Messina e il blu del mare Jonio, e davanti come a formare una cornice verde i due colossali cipressi. Durante gli anni cinquanta, il "Cipresseto" di Zanotti, Franchetti, Malvezzi, Isnardi, Piacentini e molti altri ospiti venne letteralmente soffocato dalle costruzioni che lo cinsero e perse la magnifica vista sullo stretto.
Dalla casa-ufficio- biblioteca del "Cipresseto" l'attività dell'Associazione e dei suoi uomini si propagò in tutto il meridione. A causa del cambiamento dell'attività dell'Associazione, gli uffici regionali furono tutti chiusi, quello di Reggio fu l'ultimo, restando in funzione fino al 1978 gestendo la graduale dismissione delle attività di assistenza sanitaria, di promozione economica e scolastica. Alla morte di Umberto Zanotti Bianco molti progetti furono interrotti, e dal 1965 in poi l'Associazione iniziò lentamente la dismissione, privilegiando le attività culturali e di studio. La documentazione prodotta da questo ufficio è stata trasportata, alla sua chiusura, a Roma nella sede centrale dell’Associazione e costituisce ora una sezione dell’archivio dell’ANIMI.
In appena un anno di attività sul territorio della provincia di Reggio Calabria, l' ANIMI, ed in particola Malvezzi e Zanotti Bianco vengono additati come "nemici" dal Bollettino Ecclesiastico dell'Arcidiocesi di Reggio Calabria che, nel N. 4 del 30 aprile 1911, aveva scritto:
<<Sappiamo che nei primi giorni dopo il disastro un gruppo di giovani d'altra parte d'Italia, infetti di modernistica tabe, si erano presentati a recarvi soccorso materiale cercando così d'inquinare le sorgenti pure della religione e della vera morale: ma voi, Reggini, da generosi e con tratto degno di altissima lode, avete rifiutato il frusto pane rimandandoli a cercare altrove miglior fortuna .
Sappiamo inoltre che quei signori non lasciarono il loro fervore di morale simpatica, come dicono, per queste ragioni, ed uno di essi si afferma Direttore dell'Ufficio dell'Associazione per gli interessi morali ed economici del Mezzogiorno in provincia di Reggio Calabria e annovera le opere compiute, come l'istituzione di Biblioteche, l'apertura di asili, esperimenti di coltivazione ecc.>>
Le gerarchie ecclesiastiche non guardavano con molta simpatia l'attività dell'animi, perché invadeva il campo di attività da sempre monopolio del clero: gli asili. Zanotti fece di tutto per non alimentare questa ostilità, cercando i modi di contenerla; bilanciando la presenza di maestre laiche con le suore. Cosi facendo, si accaparrò, nel corso delle sue attività anni dopo, le simpatie di parroci sensibili all'elevazione morale e sociale delle popolazioni, come il parroco di Casalnuovo d’Africo Don Pelle, che ebbe dalla sua parte nell'edificazione dell'asilo e come amico anche durante il periodo di persecuzione fascista.
Non diverso dalle gerarchie ecclesiastiche fu l'atteggiamento nei confronti dell'ANIMI del parroco di Villa, che condusse una dura battaglia contro l'asilo. Tutt'altro atteggiamento tenne nei confronti della attività dell'ANIMI il parroco di Africo Don Giovanni Stilo (Don Stilo per tutti). Egli nelle lettere che scrive a Zanotti Bianco e a Piacentini, non perde occasione per elogiare entrambi e la loro Associazione per quanto fatto e stavano facendo in Africo o ricordarlo ai suoi interlocutori, quando scrive ad altri; come alla Principessa di Piemonte. Si spinge fino a chiedere a Zanotti una collaborazione per la gestione di una Associazione che lui chiama " Aspiranti di A Cattolica" per la sezione maschi. Per le femmine Don Stilo si avvale della collaborazione delle maestre della scuola, per i maschi chiede a Zanotti di autorizzare le Suore che hanno in gestione l'asilo di collaborare.
Non poco dovette lottare con le amministrazioni locali, specialmente quando si trovò - non poche volte - davanti a Podestà che erano stati Maestri per l'Associazione e licenziati per manifesta incompetenza.
Dal ’26, ormai sotto il regime fascista, inizia una serie di grandi inchieste nel Sud: prima in Basilicata, poi ad Africo ed infine in Sicilia, finalizzate soprattutto alla realizzazione di una riforma agraria ed a bonifiche e rimboschimenti, ma si occupa anche di realizzare una serie di scuole e di ambulatori.
L’impegno intellettuale e morale di Zanotti Bianco
Scrive Manlio Rossi Doria << Se non si vuole incorrere in un errore di valutazione molto frequente ( che nel suo caso sarebbe fatale) bisogna rendersi conto che la scelta di fondo era stata per lui non ( come a qualcuno poteva sembrare) una "scelta politica", ma una scelta più complessa, spirituale, religiosa e insieme concretamente civile. Alla base della scelta c'era - mi sembra - una concezione romantica e mistica della vita, secondo la quale i valori essenziali sono quelli del cuore, della libertà espressione dell'individuo, del rispetto per la concreta umanità di ciascuno, con gli specifici attributi derivanti dalle tradizioni locali e nazionali; nonché della tolleranza e della reciproca comprensione, come condizione per un utile, intenso e libero sviluppo delle relazioni personali. Da una siffatta concezione derivano quelli che egli considerava impegni morali: la pronta solidarietà con ogni lotta per l'indipendenza e la liberazione degli uomini dall'oppressione; l'assiduo lavoro di assistenza materiale e morale in favore degli umili, i deboli, gli sventurati; ma principalmente la prioritaria e sistematica azione per la cura dell'infanzia, la promozione dell'istruzione, lo sviluppo delle corrispondenti istituzioni, la diffusione della cultura, dei libri,la salvaguardia e la conoscenza delle opere dell'arte, ossia per tutti gli strumenti necessari a mettere gli uomini sulle proprie gambe, far loro esprimere, nel modo più alto e più libero, la propria individualità>>
Per capire fino in fondo la personalità di Zanotti Bianco, o meglio chi è “l’uomo Zanotti” bisogna vagliare i suoi molteplici impegni di tutta una vita, che affrontò con tutte le capacita organizzative di cui era capace e che tutti gli riconoscevano; trovare le risorse per un progetto era per lui una missione che gli riusciva molto bene, facilitato dalla sua personalità molto stimata in Italia e all’estero. Lo stesso indefesso impegno lo mise nelle cause a favore delle nazionalità oppresse. Non poteva essere diversamente visto la sua formazione intellettuale mazziniana, che lo portava a prendere posizione a favore delle nazionalità; sotto il giogo Austro-Ungarico ma anche per quelli germanici in Russia e per le guerre balcaniche, specialmente per la controversia tra Romania e Bulgaria.
Appena ventitreenne pubblica su “l’Unità” di Salvemini con lo pseudonimo di Giorgio d’Acandia, l’articolo “La nuova Grecia” dove esalta la guerra greca contro la Turchia come guerra di liberazione. Sullo stesso giornale interviene sull’emancipazione dei polacchi dalla Prussia orientale e dall’Austria, sognando l’unificazione di tutte le terre polacche. Ritiene, quando si prospetta lo scoppio della guerra, che essa debba avere anche lo scopo dell’indipendenza della Polonia. Non solo, ma egli è convinto che debba essere occasione, la guerra, per l’annessione Bosnia-Erzegovina alla Serbia l’autonomia dell’Alsazzia-Lorena, l’annessione della Transilvania e Bucovina alla Romania e infine l’annessione del Trentino e della Venezia Giulia all’Italia. Sullo stesso tema prende posizione sulla nascita dell’Albania, sul Belgio ecc.
Queste sue battaglie in favore delle nazionalità oppresse le continuò con la fondazione di un suo giornale “ La Giovine Europa” di ispirazione, e non poteva essere altrimenti, mazziniana. In questo giornale la tendenza è chiara; volta all’affrancamento totale dei popoli soggetti agli imperi oppressivi. Fonda nel 1918, come organo della “Giovine Europa” “ La Voce dei Popoli”, sotto la sua direzione e da questa posizione propugnava al caduta dell’Impero Austro-Ungarico come condizione della nascita della nuova Europa delle democrazie. Per i confini dell’Italia, dallo stesso organo di stampa, chiedeva, che dovessero includere l’Istria e a Fiume e Zara dovessero essere riconosciute statuti autonomi. Altra causa, nonostante la censura, che dalle pagine del “La Voce dei Popoli” propugnava era l’indipendenza, che trovava giusta e sacrosanta, dell’Irlanda dall’Inghilterra.
Il primo marzo 1919, sulla “ La Voce dei Popoli”, esce Note su la pace di Versailles scritte con Andrea Caffi. Gli autori, prendono posizioni sui magri risultati ottenuti nelle trattative, dall’Italia, infatti scrive nel suo diario che la pace gli appare “amara” e “disgustosa”, ma anche sulla questione Ucraina, scrivono:
<<… Il diritto della Nazione ucraina di determinare come meglio intenda il proprio assetto politico, economico, culturale non può essere contrastato che dai rappresentanti della reazione monarchica, i quali vorrebbero a Parigi rappresentare la Russia (quella di Denikin e di Kolciak). L’esistenza d’un popolo ucraino altrettanto diverso dai Russi quanto dai Polacchi, è un fatto incontestabile; se non formano veramente 40 milioni, come vorrebbe qualche memoriale, certo sono più di 20 milioni gli individui che parlano o soltanto l’ucraino, o l’ucraino meglio che il russo, e che nei costumi, nell’indole, nei ricordi storici si dimostrano nettamente differenziati dagli altri Slavi. La difficoltà per gli Ucraini, come per parecchi altri popoli, incominciano quando si vuole fare coincidere la loro vita nazionale con i limiti precisi di un territorio>>.
E’ fermamente convinto, che nella futura Europa, nel rispetto di tutte le nazionalità cui è composta, possano convivere in pace tutti i popoli, e tenendo fede a questo concetto “La Giovine Europa” ospita scritti “l’Albania che nasce” “ l’Armenia, le rivendicazioni e il suo martirio” “La Georgia”, “La Repubblica di Finlandia” ecc.
Il suo idealismo mazziniano che si concretava nel suo interesse per le nazionalità oppresse, lo accostò agli esuli russi – della rivoluzione del 1905 – di Capri, riuniti intorno a Maxsim Gor’hij – che contribuirono economicamente alla costruzione dell’asilo di Bova Marina, poi dedicato ad Edmondo De Amicis – che esprimevano una forte volontà di rinnovamento sociale e politico della Russia. Zanotti era già prima in sintonia con l’anima russa; giovanissimo matura un interesse particolare per la nazione russa. Non è facile stabilire quando nasce in Zanotti questo interesse, prt la sua storia, la cultura e gli eventi politici; forse durante gli anni liceali e universitari o negli anni successivi alla rivoluzione del 1905, che tanti implicazioni aveva avuto in Italia, nella pubblica opinione come in sede politica, quanto ad attese di una rigenerazione della Russia. ( A. Tamborra, Esuli russi in Italia dal 1905 al 1917, Bari 1977 p. 3-23). Un primo approccio diretto è sicuramente all’epoca del terremoto di Messina – Reggio, dove conobbe Maxsim Gor’kij, sceso anch’egli a dare soccorso. Da quel primo incontro, il suo entusiasmo e il naturale idealismo lo porta ad un costante avvicinamento a tanti altri esuli russi, che raccontano dei tanti problemi della loro patria. Da lì, le letture, forse suggerite da questi esuli, lo accostano sempre di più alla grande letteratura russa dell’ottocento. Il pensiero di Dostoevskij lo colpisce molto, ma anche Tolstoij e Solov’ev lasciano in Zanotti un segno intellettuale e morale. In Tolstoij trova l’interpretazioni delle profonde esigenze umane, di impegno nella vita che egli sentiva vibrare dentro di se. ( A. Tamborra, Rapporti col mondo russo, atti del convegno su U.Z.B. 26-27 gennaio 1979)
L’animo sensibile di idealista mazziniano di Zanotti, non poteva rimanere insensibile al grido di libertà e di rinnovamento sociale e politico che quegli intellettuali esprimevano. Per questo non poteva restare sordo alla chiamata – lui e la sua Associazione - della Principessa Mariettina Pignatelli di Cerchiara, nobildonna Calabrese,- la nobildonna era da anni che appoggiava tutte le iniziative di Zanotti e dell’Associazione in Calabria e in tutto il Mezzogiorno - che a metà del 1921 aveva costituito un Comitato Italiano di soccorso ai bimbi russi a seguito della tremenda carestia che aveva colpito la Russia tra il 1918 e il 1921, e notevolmente aggravata dalla rivoluzione prima e dalla guerra civile poi. E’ l’occasione di dare il suo contributo alla amata Russia; aderendo immediatamente senza pensarci due volte..
Zanotti, parte per la Russia alla fine di giugno e vi rimane fino alla fine di agosto, come rappresentante del Comitato italiano della Croce Rossa Italiana, cui era collegato il Comitato Italiano di soccorso ai bimbi russi della Principessa Pignatelli. Gli fù compagno di avventura e guida Andrea Caffi, un italiano nato in Russia e già collaboratore della “Voce dei Popoli”. L’esperienza russa, di quei due mesi di soggiorno, è da lui raccontata nella relazione al Comitato Italiano di soccorso ai bimbi russi, ma sopratutto nel suo “Diario dall’Unione Sovietica 1922”. “ Il diario non richiede commenti; nella sua cruda e vivace chiarezza e nella sua drammaticità” (Margherita Isnardi Parenti, nota introduttiva al diario, Nuova Antologia, marzo aprile maggio 1977).
Dal viaggio in Russia si convince che bisogna intervenire in due direzioni; primo dare una possibilità di vita e di crescita bimbi; secondo salvare immediatamente gli intellettuali dalla fame e dall’indigenza. Trova appoggio dalla sua Associazione e soprattutto dalle due amiche, Mariettina Pignatelli e Giuseppina Le Marie ma non dalle autorità bolsceviche, che frappongono ogni sorta di ostacoli.
Angelo Tamborra, atti del convegno su Z.B. Roma 26, 27 gennaio 1979
L’antifascista
Fu un irriducibile antifascista fin dalla marcia su Roma. Da liberale convinto non accetta ne violenze e men che meno i metodi dello squadrismo, che aborrisce. Lo angoscia particolarmente il fatto che con il consolidarsi del fascismo vede, e ne soffre, la sconfitta del liberalismo. Sul delitto Matteotti, prende apertamente e coraggiosamente posizione, in un articolo su “Volontà”, dove individua immediatamente la responsabilità in Mussolini, infatti scrive :
<< L’instaurazione della politica di violenza rappresentate dal fascismo è sua; sua la responsabilità dei metodi di lotta che hanno degradato lo Stato agli occhi delle masse>>.
Spera da monarchico, che Vittorio Emanuele III intervenga, ma invano. Gli eventi precipitano e dopo la pubblicazione del memoriale Rossetti, prende la decisione di restituire al Ministero dell’Istruzione, tenuto allora da Casati, la medaglia d’oro della Pubblica istruzione e al Ministro Di Giorgio quella al valor Militare. Quando viene a sapere che Rossetti è stato malmenato dai fascisti gli manda un telegramma di solidarietà. Solidarizza con Amendola, che in quei giorni viene pestato da squadracce fascista a Montecatini.
E’ tra i firmatari del Manifesto degli Intellettuali antifascisti del 1925, ispirato da Benedetto Croce e Giovanni Amendola. Diviene inviso al regime. Nel casellario Centrale di polizia intestato a Zanotti Bianco in un appunto del Capo della polizia si legge:
<< Questo(Zanotti) è un tenace ed irriducibile antifascista, in relazione con gli antifascisti francesi>>.
Questo bastò a che Mussolini gli rifiutasse il rilascio del passaporto. Incomincia, per Zanotti e per l’Associazione per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia, della quale era consigliere e animatore instancabile, un periodo di grande difficoltà perché ostacolata soprattutto nelle sue attività scolastiche, principalmente dai vari podestà che erano stati maestri per l’Associazione e licenziati per manifesta incompetenza. Il primo episodio che irritò seriamente il regime fu la grande campagna a favore del Comune di Africo; il triste paese della Calabria segno della rinuncia ad un’azione più larga e più complessa assurgeva così a simbolo della sfida al fascismo. (Antonio Jannazzo, Mezzogiorno e liberalismo nell’azione di Zanotti Bianco, p.134). Dopo la pubblicazione dell’inchiesta su Africo del 1928, ha inizio per Zanotti una continua sorveglianza dei suoi movimenti da parte della polizia. Nel 1935, da febbraio in poi due erano gli sorvegliati in tutta Roma ventiquattro ore su ventiquattro; Zanotti Bianco e Roberto Bencivenga. Questa condizione portò alla decisione di Zanotti, per evitare ulteriori problemi all’Associazione, che rischiò anche lo scioglimento, di dimettersi e di porre sotto il patronato della Principessa Maria Josè del Belgio l’Associazione stessa. A nulla valse, per proteggere l’Associazione e Zanotti Bianco, l’intervento presso Mussolini di Giovanni Gentile che spiegò al Duce le finalità umanitarie dell’Associazione. La risposta che ricevette Gentile fù:
<< Appunto per questo bisogna impedirgli di scendere laggiù>>.
I vari rapporti al Ministero dell’Interno che lo riguardano, lo definiscono << individuo colto e intelligente>> << con vaste conoscenze con persone notoriamente avverse al regime>>. Il Sen. Giovanni Gentile, intervenne a favore di Zanotti Bianco, per far cessare la sorveglianza continua a cui era, come detto, sottoposto dopo la pubblicazione dell’inchiesta del ’28, presso l’On. Arpinati. Nella lettera del 19 dicembre 1929 – pubblicata da Z. B. nell’opuscolo “Proteste Civili del 1954 – indirizzata a Gentile per ringraziarlo del suo interessamento, troviamo scritto:
<< La giustificazione datale dall’On. Arpinati, tra le molte, e tutte differenti l’una dall’altra, date fino a oggi da varie autorità, è quella che più mi offende. All’estero non mi stabilirei nemmeno forzato. Preferisco il carcere in Italia. Ha anche esso – in epoca di oppressione – la sua nobiltà e la sua luce>>.
La sua persona, anche se contraria ostinatamente al regime, era però stimata da gerarchi come Federzoni che, incaricò il Senatore Taramelli – archeologo e per questa ragione in sintonia intellettuale con l’archeologo Zanotti – per chiedere una sua pacificazione col regime. Avrebbe dovuto scrivere una lettera patriottica a Mussolini che ovviamente non fece. In un appunto del suo diario (1935-1936), troviamo scritto: <<… la mia concezione civica d’altro lato mi impedisce di abbassarmi verso dittatore >>. Nel gennaio del 1941 venne arrestato per aver mandato una cartolina illustrata alla figlia dell’ex Ambasciatore francese; cartolina che la censura interpretò come, questa volta azzeccando, come un’allusione al regime.
Gli ultimi anni del regime furono da Zanotti Bianco passati a contatto con gli ambienti antifascisti romani e d in particolare con la Principessa di Piemonte. Alla caduta di Mussolini e del suo regime si aprono per il nostro nuove sfide. Non essendo un politico; non amava la retorica ciarliera dei professionisti della politica, ma un uomo dominato dall’ansia di poter contribuire alla rinascita della sua Italia, non in modo astratto – appunto a parole – ma con azioni concrete, non frasi di circostanza ma azioni che si sostanziavano in opere anche minime ma che sommate portavano a dei risultati. Per prima cosa si impegnò, da filo –monarchico per la conservazione dell’istituto della monarchia, considerandola la naturale continuità del Risorgimento passando per la prima guerra mondiale e Resistenza e per garantire un legame con le tradizioni unitarie. Piero Melograni atti del convegno su Z.B. Roma 26, 27 gennaio 1979
L’archeologo
L’archeologia fu un altro campo di interesse per Zanotti Bianco, cui la sua vocazione umanistica non poteva restare insensibile. L’attività archeologica fu solo una parte e non la più lunga dell’opera umanistica di Zanotti, anche se molto proficua, ma è comunque bene integrata con il suo stile di vita e l’opera civile di cui si è reso protagonista con l’impegno verso il mezzogiorno d’Italia.
Il suo interesse verso l’archeologia nasce a seguito di due incontri con altrettanti personaggi memorabili; Paolo Orsi e Paola Zancani Montuoro. L’incontro col primo avvenne sullo stretto di Messina nel 1911, e da li in poi iniziò un’amicizia e una collaborazione molto proficua. In particolar modo, la frequentazione personale ed epistolare con il grande archeologo Orsi, porto Zanotti ad una più concreta conoscenza dell’enorme difficoltà della conservazione dei reperti nel Sud’Italia ed in particolare in Calabria connesso alle difficoltà finanziarie, che non consentivano al Ministero competente di sostenere campagne di scavo e conservazione dei reperti, tramite le sovrintendenze. Per sopperire, in parte, a queste deficienze i due amici fondano a Milano nel 1920 la società “ Magna Grecia”, sotto la direzione dell’Orsi, con lo scopo di pubblicare i risultati delle ricerche e trovare dei sostenitori economici oltre le ricerche sul terreno. Questa iniziativa consentii scavi a Hipponion, Taranto, Siracusa, Punta Alice, Metaponto, Agrigento, Velia e Sant’Angelo Muxsaro, Foce del Sele ecc.
Trovare i finanziamenti per la continuazione o per iniziare nuovi scavi, cosa che fece per oltre un decennio, era la sua prerogativa, ma egli si prodigò anche nelle ricerche sul terreno, iniziando con l’insigne archeologo per un breve periodo a Sant’Angelo Muxsaro ( Agrigento), e poi iniziando la sua prima personale ricerca sul terreno nel 1932 alla ricerca del sito dell’antica Sybaris, la città che era sparita nel nulla nel VI secolo a.c. I resti dell’antica civiltà sibaritide era stata cercata dal Galli nella zona detta la Pollinara e dal Kahrstedt che invece riteneva la sua antica ubicazione presso il torrente San Mauro e non nell’antico corso del Coscile. Zanotti, esplorati i dintorni intuì che la possibile posizione dell’antico sito era un’altra – erano state rinvenute in zona piccoli reperti - e rivolse le ricerche nella zona detta “ Parco del Cavallo”. Non potè continuare le ricerche perché, appena venti giorni dopo l’inizio, venne l’ordine del Prefetto di Cosenza di divieto a continuare le ricerche e fu allontanato dalla Calabria. Quando alla caduta del fascismo la Società Magna Grecia riprese nel 1954, il suo antico nome – era stato cambiato per evitarne la chiusura da parte del regime in “ Società Paolo Orsi – sotto la direzione di G. E. Rizzo, e si diede inizio alla nuova serie di “Atti e Memorie” sotto la direzione di Zanotti, riprese lo studio dei reperti trovati nel 1932 al “Parco del Cavallo” e alle nuove ricerche con la collaborazione dell’insigne archeologa. Quarant’anni dopo i primi scavi del 1932, l’intuizione di Zanotti si rivelò esatta
Altro incontro per Zanotti,, come detto importante per l’attività di archeologo fu quello con Paola Zancani Montuoro, affine a lui per educazione e formazione culturale. Questa era stata allieva di Giulio Emanuele Rizzo e ad Atene di Alessandro della Seta e quindi studiosa di archeologia greca e ovviamente della storia della Magna Grecia. Era alla spasmodica ricerca dell’ubicazione del grande santuario exstramuraro di Posidonia, il Heraion che il geografo antico Strabone poneva alla foce del Sele. Nel 1934 la Zancani chiede aiuto per le sue ricerche alla Società Magna Grecia di Paolo Orsi e trova entusiastica partecipazione di Zanotti: compirono le ricerche sulla riva lucana. La ricerca come è arcinoto diede risultati superiori alle attese, poi illustrata dai due archeologi nell’opera “ Heraion alla foce del Sele”. I risultati di queste ricerche sono esposti al Museo di Pestum.
Presidente della Croce Rossa Italiana
Il nostro fu nominato Presidente della Croce Rossa Italiana da Umberto di Savoia nell’agosto del 1944, con decreto che risaliva al 3 agosto precedente ( 18 agosto 1944 – 2 luglio 1949). E come era suo stile si mise subito all’opera, rivolgendo un appello ai romani per l’assistenza alimentare ai bambini e agli sfollati ricoverati a Cesano e Cinecittà . (Antonio Jannazzo, Zanotti Bianco e la Croce Rossa Italiana, in Italia Nostra , U.Z.B. 1989-1963 AA.VV.)
Assume questa carica in un periodo molti difficile per l’Italia in quel frangente. Ma le difficoltà, come aveva molte volte dimostrato, non lo spaventarono e si mise subito in attività con l’impegno, la forza di volontà e l’energia che lo avevano sempre contraddistinto durante la sua vita. Il primo e più importante compito era quello della ricostruzione della stessa Croce Rossa; per primo affrontò la ricostruzione del Comitato Centrale e dell’unificazione dei vari comitati periferici e sottocomitati disgregati in un’Italia ancora divisa. Infatti il Comitato Centrale era stato, sotto l’influenza del governo fascista, portato al Nord. Con la progressiva avanzata degli alleati i Comitati incominciavano - visto che erano separati da quello centrale di Roma – a governarsi autonomamente. Con la liberazione di Roma, Zanotti incomincia a riorganizzarla a partire dalla necessità che i vari comitati sparsi per l’Italia si riunissero sotto la direzione della nuova e legittima Presidenza; un lavoro silenzioso e costante che in breve dette i risultati sperati.
Il primo e più urgente problema “esterno all’organizzazione della C.R.I.” che dovette affrontare era il rientro dei reduci dalla prigionia che cominciavano ad affluire dai passi di frontiera; Brennero, Tarvisio, Chiasso, Ventimiglia. Per disposizione del Governo militare alleato i prigionieri di guerra italiani, dal momento del rientro in territorio italiano cessavano di essere “militari” e dovevano considerarsi “civili”, di conseguenza, era compito delle autorità sanitarie italiane assisterli. Per questo compito il Ministero della Guerra si rivolse alla C.R.I. di Zanotti e al Ordine Militare di Malta, perché data la vastità, il numero e le enormi difficoltà che poneva la situazione politica del momento, e l’insufficienza dei mezzi non consentiva al Governo di intervenire. Nonostante le immense problematiche la richiesta del Governo fu accettata.
Solo dopo pochi giorni era attivi parecchi centri ed ospedali che prestavano assistenza centinaia di ricoverati. Al momento del massimo sviluppo, l’organizzazione degli Ospedali convenzionati con La C.R.I., erano 64 con 14 mila posti letto distribuiti in tutto il territorio nazionale; 50 mila ricoverati 4 milioni di degenze.
La Croce Rossa, in collaborazione con l’alto Commissariato profughi, prima, e poi con Il Ministero dell’Assistenza Post Bellica dopo, predispose una rete di posti di soccorso ferroviari, posti di ristoro, infermerie ed ospedaletti presso i campi dei profughi. ( Francesca De Gasperi, Ricordo di U.Z.B. Presidente della Croce Rossa Italiana, Atti del convegno su U.Z.B., Roma 26-27 gennaio 1979)
La sua permanenza alla presidenza della Croce Rossa Italiana fu essenziale per il rilancio dell’Organizzazione, ma ben presto incominciano i problemi. Nelle elezioni del 2 giugno 1946 e quelle successive del 18 aprile 1948, la componente democristiana, della complessa giungla dei partiti politici creatasi dopo la caduta del fascismo, ebbe un notevole successo sfiorando il 50% e questo dette agio al partito cattolico ad occupare tutti i posti disponibili nella società civile con l’evidente scopo di consolidate il suo potere. La Croce Rossa non ne era esclusa. Si tentava di sostituire il personale con gente di estrazione democristiana, e ad un certo punto si lamentò con De Gasperi manifestando il suo disappunto per il direttore della stessa Organizzazione, vicino agli ambienti del Vaticano. La morte di alcuni suoi sostenitori all’interno dell’organizzazione, le dimissioni di Einaudi divenuto nel frattempo Presidente della Repubblica, indebolirono la sua posizione e i continui contrasti con il direttore lo indussero il 2 luglio 1949 a dare le dimissioni. Ebbe la solidarietà di Salvemini, Calamandrei, Leone Cattani, Amelia Rosselli, Mario Pannunzio e del Presidente Einaudi. (Antonio Jannazzo, Mezzogiorno e liberismo nell’azione di Umberto Zanotti Bianco, Roma, 1992)
Presidente di Italia Nostra
Le dimissioni da Presidente della C.R.I furono una prima delusione per Zanotti. Dopo pochi anni fu protagonista di una nuova battaglia combattuta sempre contro De Gasperi, dopo quello per la Croce Rossa. Nel 1951, si costruiva sulla Via Appia Antica un immenso convento in barba a ogni vincolo, ogni destinazione di piano regolatore; la costruzione aveva una cubatura prevista e autorizzata fuori da ogni norma. Zanotti Bianco, vista la gravità della situazione, dimenticò l'umiliazione ricevuta al tempo delle dimissioni dalla C.R.I. e si reca da De Gasprei, con cui un tempo avevano avuto sintonia per il senso della dignità dello Stato, e gli chiese di impedire quello scempio per salvaguardare la strada più famosa del mondo.
A questa richiesta il Presidente del Consiglio allargò le braccia in segno di sconforto e disse:
<< tu si che puoi parlare, sei u uomo libero … ho invidia per te>>. La conseguenza della rinuncia ad intervenire a favore della conservazione dell'Appia fu che, alla già enorme cubatura fu autorizzato un altro piano.
Lo troviamo combattivo in difesa del patrimonio artistico - architettonico, già durante la Prima Guerra mondiale; da "Ugo Ojetti. "Lettere alla moglie" risulta che Zanotti aveva collaborato col famoso Giornalista alla tutela dei beni culturali minacciati dalla Guerra. Nel luglio 1958 - da Senatore - protesta vivacemente, assieme a molti urbanisti, in quanto il piano regolatore di Roma approvato dal Consiglio Comunale liberale - monarchico, composto da democristiani e missini, così come era impostato avrebbe portato a considerevoli e irrimediabili danni alla città nel caso di fossero applicati quelle norme, chiedendo al Ministro dei Lavori Pubblici - Togni -, cui compete l'approvazione definitiva del progetto, di rivederlo e modificarlo. Quest'impegno portò alla modifica di vari pezzi del piano regolatore generale.
Nel febbraio del 1954, poco prima della fondazione di "Italia Nostra", è tra i promotori di una iniziativa in difesa della Via Appia Antica minacciata dalla progressiva edificazione a ridosso. Gli altri promotori erano, Corrado Alvaro, Riccardo Bacchelli, Vitaliano Brancati, Gaetano De Sanctis, Ugo La Malfa e moltissimi altri intellettuali ". A seguito di questa protesta fu da alcuni parlamentari presentato un disegno di legge per la tutela della Via Appia Antica. <<Edgar Meyer, Nell'Italia in costruzione emerge un movimento, Italia Nostra, AA. VV.Zanotti Bianco 1889- 1963, p.30>>.
Fu su queste premesse, che quando Elena Croce - figlia di Benedetto - Desideria Pasolini Dell'Onda, Giorgio Bassani, Pietro Paolo Trompeo - a cui si deve la scelta del none - Hubert Howard e altri decisero di unirsi in un'Associazione Nazionale con lo scopo di tutelare il patrimonio culturale del Paese, venne naturale, che ci si rivolgesse a Zanotti Bianco per chiedergli di assumerne la presidenza. Si assunse l'incarico di contattarlo Desideria Pasolini Dell'Onda, per conto del gruppo dei promotori nella primavera del 1955; infatti, era stata lei a proporlo, quando in una riunione preliminare di costituzione disse << non poteva che essere Zanotti>>. Si trovava, il futuro Presidente di Italia Nostra a Paestum; come ricorda l'incaricata in <<Zanotti e Noi, in Italia Nostra, AA. VV.Zanotti Bianco 1889- 1963 p.14>>, non rispose, ma si precipitò a Roma per capire meglio cosa gli veniva sofferto. Sempre in Zanotti Bianco 1889- 1963, Elena Croce ci fa sapere che, la richiesta fu da lui accolta con freddezza. Come era nel suo carattere, a ogni iniziativa a cui si accingeva dava tutto se stesso, e quindi non poteva accettare finché non era sicuro di poter impegnarsi con piena responsabilità e soprattutto di non essere coinvolto in una vuota attività presidenziale. Accettato l'incarico, l'Associazione con lui acquistò anima e prestigio. La sua visione di tutela urbanistica si esprimeva nel concetto secondo cui, la salvaguardia del patrimonio artistico passava attraverso la tutela del singolo monumento. in occasione del primo convegno dell'Associazione nel 1956 disse:
<< ogni altra preoccupazione passa innanzi a quella che un paese come l'Italia dovrebbe essere tra le prime: salvare cioè e tramandare quanto più possibile intatto l'ingente patrinonio di arte giunto a noi dai secoli passati, e che è la perpetua attrazione di tutte le genti civili>
La prima battaglia da Presidente fu la presa di posizione contro il progetto del nuovo quartiere di Sorgane, sui colli fiorentini. Egli denuncia il fatto che, lo smembramento di antichi quartieri era dovuto a pressioni politiche da parte di Ministri, Sottosegretari, Sindaci, Senatori e Deputati con interessi materiali ed elettorali per quelle zone. <<Edgar Meyer, Nell'Italia in costruzione emerge un movimento>> op.cit.
Ricercare i finanziatori e finanziamenti non era per lui un problema; trascinati tutti, coloro a cui si rivolgeva, dalle sue parole pervase da spirito missionario per la salvezza dell'arte. Trasse a se e alle iniziative di "Italia Nostra" uomini come Enrico Mattei, Riccardo Bauer, Adriano Olivetti, Piero Calamandrei, Manlio Rossi-Doria, Michele Cifarelli, Gabriele Mattioli. Fu così possibile il restauro degli affreschi di SS.Annunziata di Firenze, l'acropoli Etrusca, S, Pietro a Tuscania. Tutti coloro a cui interessava la salvaguardia dei beni culturali accorrevano a dare il loro contributo volontario; architetti, urbanisti, studenti, studiosi ecc.
Sulla scia del suo ideale mazziniano, collegò "Italia Nostra" alle Associazioni di Francia, Germania e Inghilterra che al pari della "Sua" difendevano il loro patrimonio artistico, al fine di una cultura comune. il sogno si realizzò dopo la sua orte con la costituzione di "Europa Nostra" voluta da "Italia Nostra".
Un suo grande merito da Presidente, fu, l'intuizione della tutela anche del paesaggio che considerava non meno importante delle bellezze architettoniche e artistiche. La difesa del bosco di Policoro, il restauro delle Ville venete, la difesa delle coste laziali furono gli impegni più importanti da questo punto di vista. Rimase Presidente fino alla Morte.
Senatore a vita
Umberto Zanotti Bianco fu nominato senatore della Repubblica a vita - aveva già assunto nel 1951 la carica di Presidente di quella Associazione ANIMI di cui era stato l'anima più attiva per quarant'anni - nel corso della prima legislatura repubblicana, con decreto del Presidente Luigi Einaudi in data 17 settembre 1952 per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico; nello stesso giorno e con la medesima motivazione fu nominato senatore anche Luigi Sturzo. Si iscrisse al Gruppo parlamentare liber-social-repubblicano, e partecipò come membro della VI Commissione Istruzione pubblica e belle arti per ben quattro legislature. Si susseguirono alla carica di Presidente del Consiglio, nel periodo considerato, ben 13 Governi tutti a guida democristiana e otto Presidenti.
Con la nomina a senatore a vita, trasferisce le battaglie civili e morali di cui si rese protagonista nei quarant'anni precedenti, nel'aula parlamentare; battaglie combattute con lo stesso entusiasmo e passione che aveva messo in quelle sul campo, per le vie d'Italia, e soprattutto per il "suo" Meridione, percorso metro per metro. Nel novembre del 1953 si crea la “Commissione Speciale” per l’esame del disegno di legge "Provvidenze per le zone colpite dalle recenti alluvioni in Calabria" n.156 (urgente) e nella seduta del 19 ne diviene Presidente fino al 31.12.1953 data dello scioglimento.
In questa qualità così esordisce: “Ringrazio gli onorevoli colleghi di avermi eletto Presidente di questa “Commissione Speciale”. Io sono uomo di poche parole, sono soprattutto uomo d’azione. In tutta la mia vita, fino alla mia nomina a Senatore, non avevo mai messo piede nella Camera e nel Senato.
Conosco, però, molto bene la Calabria, perché il lavoro che ho fatto, ormai da quarant’anni, nel Mezzogiorno, mi ha permesso di visitarla completamente. E da quando l’ho conosciuta, non l’ho più abbandonata, perché la Calabria è una terra che mi ha sempre interessato, sia per la sua grande povertà, sia per la sua bellezza".
In questa Commissione, da Presidente, prese posizione a favore specifico di Africo, quando durante il prosieguo della discussione interviene, perche preoccupato che si lascino fuori dal provvedimento, gli alluvionati degli anni precedenti e cioè del 1951:
“Debbo far presente che è rimasto aperto il problema di Africo, derivato dal disastro precedente. Quelle popolazioni sono in una situazione incredibile. Abbiamo scritto memoriali su memoriali, ma non si è ottenuto nulla. Si tratta di cittadini senza possibilità di lavoro; le terre sono distanti ed è quindi naturale che i contadini non vadano a coltivarle. 400 abitanti sono andati ad abitare nelle baracche donate dalla Svezia e 200 e più famiglie nel Lazzaretto di Reggio Calabria; continuano a ricevere qualche aiuto dal Governo, ma si lamentano tutti i giorni.
Un altro gruppo di persone è stato raccolto in un asilo di bambini. Soluzioni provvisorie, ma che rischiano di diventare quasi definitive. È necessario inserire in questa legge un articolo che si preoccupi di questa gente che non è stata aiutata”.
E' membro della Commissione Speciale per l'esame del disegno di legge concernente provvedimenti straordinari per la Calabria N.947 costituita il 18 .02.1955 operante fino al 13.12.1955.
I progetti di legge presentati in Parlamento da Zanotti, o da altri parlamentari a cui diede la sua firma furono numerosi, soprattutto in materia di beni culturali e ambientali. Elencarli è operazione inutile, basta citare solo alcuni, quelli legati al suo impegno come Presidente di "Italia Nostra".
D. di L. n.759. Costituzione di una zona di rispetto intorno all'antica città di Paestum. ( Legge 14 dicembre 1955, n. 1295).
D. di L. n. 1249. Aumento delle sanzioni pecuniarie in materia di tutela artistica e di protezione delle bellezze naturali e panoramiche ( Legge 22 giugno 1956, n. 586).
D. di L. n. 1705. Disciplina del collocamento di cartelli e di mezzi pubblicitari lungo le strade.
D. di L. n. 981. Risanamento estetico ed ambientale di centri di importanza monumentale, storico o turistico.
Le interrogazioni, sia orali che scritte, in materia ambientale, paesaggistico e architettonico sono altrettanto numerosi nel corso di tutta la sua vita parlamentare; interrogazione scritta n. 1556. Costituzione di uno stadio nella zona delle Catacombe di San Callisto. Si doveva costruire lo stadio su un terreno di proprietà della Santa Sede, interroga il Ministro della Pubblica Istruzione se non ritiene di prendere accordi con le autorità religiose e il Presidente del C.O.N.I., affinché lo stadio sia costruito in altro sito. Sottolinea nell'Interrogazione:
<< … lasciando inalterato il piano territoriale paesaggistico approvato dalla Commissione ministeriale per l'Appia Antica … piano che ha cercato di lasciare nel silenzio e circondate di verde le zone sacre ai primi martiri del cristianesimo>>. A seguito di questa interrogazione il Ministero della Pubblica Istruzione si attivò - come dichiarò Zanotti Bianco in una intervista - << … a fare i passi necessari a evitate simile sciagura>>.
Interrogazione orale n. 1040. Lottizzazione a scopo edilizio della pineta Salviati (Viareggio).
Interrogazione orale n. 105. Stesura definitiva del piano regolatore di Roma e sua approvazione.
Interrogazione orale n.168. Attuazione del piano regolatore di Siena.
Presiedette la Commissione ministeriale per lo studio di un piano territoriale paesistico per la via Appia Antica - 2 aprile 1954 -; composta da architetti, urbanisti, sovrintendenti alle antichità e archeologi. Fu insediata dal Ministro della Pubblica Istruzione dell'epoca Moroni, dopo un appello firmato da quindici illustri personalità compreso Zanotti Bianco.
(Elenco - parziale - dei disegni di legge a proposta Zanotti Bianco e interrogazioni parlamentari, tratti Giulio Ielardi, L'attività parlamentare di U.Z.B. in materia di beni culturali e ambientali, Italia nostra, U.Z.B. 1889-1963, 1996.)
Muore in una clinica romana nella notte del 28 agosto 1963, in seguito ad un attacco di crisi improvvisa; aveva le ghiandole surrenali distrutte da affezione tubercolare. Moriva " non scevro da qualche compiacenza egoistica che si combinava con la sua sconfinata dedizione alla causa altrui e con una rara modestia personale" come lo definì Margherita Isnardi Parente in "Nord e Sud". Questa modestia personale, lo portò perfino a rifiutate una laurea honoris causa dell'Università di Oxford. Nel febbraio 1948 rifiuta una onorificenza offertagli dal Generale Hume, Capo della sanità militare americana dal 1943. Margherita Isnardi Parente, Ricordo di U.Z.B. "Nord e Sud", 1973
Zanotti Bianco; un rapporto speciale con Africo e Casalnuovo
Quando si scrive di Umberto Zanotti Bianco non si può non ricordare il rapporto speciale che ebbe con Africo - ormai siamo a quasi cento anni dalla sua famosa inchiesta del 1928 - soprattutto per quello che ne derivò dopo la pubblicazione. Chiunque scrivi su e di Zanotti Bianco ricorda quella inchiesta che rivelò un’antica miseria all’Italia intera ed al mondo e quel pane nero di cui si cibavano i suoi abitanti, divenuto simbolo di quella miseria. Impegno, che continuò 25 anni dopo, con la lotta per la ricostruzione del paese dopo l'alluvione dell'ottobre 1951. E'' questa - la ricostruzione del Nuovo Africo - un'altra pagina di storia africese ancora inesplorata che meriterebbe più attenzione. Vicende, entrambe, che hanno fatto nascere e col tempo consolidato, un legame profondo, affettivo, che dal 1927 - anno del primo impegno concreto per quella comunità - in poi, sarà costante fino alla sua morte nel 1963.
Esisteva già prima del 1927 in Africo una scuola affidata dall'Associazione ANIMI ad un Monaco cappuccino; Frate Attanasio, dopo che l'Associazione ottiene la delega per le scuole rurali per l'istruzione elementare degli adulti per l'Italia meridionale; Calabria, Basilicata, Sicilia e la Sardegna , appunto il 1921 che con D.L. n. 1371 del 28 agosto si istituisce l'Opera contro l'analfabetismo. Questo Frate mandava all’Associazione relazioni sulle condizioni misere del borgo, sia igieniche, sanitarie, sociali e lui si mise in viaggio per rendersi conto personalmente delle cose descritte che alla fine convinsero la medesima ad intervenire alla prima occasione, che fù nelle condizioni seguenti:.
Il primo contatto effettivo di Zanotti con Africo, dopo la probabile visita fatta nel 1909, con Malvezzi e Sacchi per l'inchiesta sui danni cagionati dal terremoto ai centri montani, sono nel 1912 e 1926 e nel gennaio 1927 oltre quella famosa del settembre 1928. Queste visite sono le sole confermate da lettere degli amici o sue agli amici.
Tra il 28 e il 30 novembre 1927, vi fu, in quei giorni un assaggio di quello che sarà ventiquattro anni dopo con la famosa alluvione dell’ottobre 1951; un tempo inclemente aveva imperversato nel territorio di Africo, creando notevoli danni all'abitato e alle zone circostanti. Al Castaneto, bosco di castagno quasi dirimpetto all’abitato, due piccole frane avevano divelto alcuni castagni secolari e due appezzamenti coltivati a orto. Numerosi smottamenti avevano smenbrato il territorio; particolarmente colpite furono le contrade Chiarice, Mollica e San Leo.
Il Prefetto allertato dal Comune e dal telegramma dei Reggi Carabinieri, decide di organizzare un sopraluogo. Fu inviato sul posto un funzionario della prefettura. Ciò che lesse nella relazione del funzionario, lo impressionò evidentemente molto se il Prefetto di Reggio Calabria, Francesco Benigni, il 23 dicembre del 1927 si rivolse All’ANIMI e in particolare al "Commendatore" Piacentini, riferendogli ciò che il funzionario ha trovato e descritto in quel luogo: e molto altro descritto nella reazione; chiedendogli di costruire un asilo infantile, " ... che accolga ed assista i bambini del paese più povero della Provincia e forse dell'intera Calabria...".
Zanotti Bianco, non tarda a mettersi a disposizione del Prefetto, e tra il 13 e il 15 Gennaio del 1928 organizza un primo sopralluogo. Da questa prima visita riportò in dietro campioni di mischio con cui lì, si faceva il pane.
Il risultato di questa prima visita, è la decisione di costruire come cosa più urgente, un padiglione per l'asilo infantile in muratura con annesso un ambulatorio e un padiglione in legname per il personale, e con lettera del 16 gennaio al Prefetto Benigni lo informa della decisione presa dall'ANIMI, di costruire ad Africo un asilo e viste l’urgenza di intervenire si sarebbe costruito per prima un asilo in legname e nel più breve tempo possibile si sarebbe provveduto a costruire quello definitivo in muratura.
Lunedì 28 maggio 1928 alle 9 di mattina, il Provveditore delle Opere Pubbliche Gran. Uff. Lepore pose la prima pietra del padiglione in muratura. Il 15 agosto 1929 l'asilo viene ufficialmente inaugurato. Arrivano ad Africo, alle 22 del giorno prima, il Prefetto Carini, che aveva sostituito Benigni alla guida della prefettura già a luglio, il Segretario Federale della Provincia di Reggio Armando Scaglione, il Provveditore alle Opere Pubbliche comm. Lepore, l'On. Barbaro, con tutti il loro seguiti, il medico Provinciale Dot. Traversa, il Rag. Mannino della Prefettura, l'Ing. De Marino e ovviamente sono presenti già in loco, Piacentini, l'Ing. capo del Genio Civile di Reggio Calabria Carlo Buttini, l'Ing. Castelani che è il progettista, e l'appaltatore Domenico Borrello. Il nuovo Prefetto Pietro Carini e calabrese di Catanzaro, venne trasferito alla prefettura di Reggio Calabria nel luglio 1928 dove rimase fino a gennaio 1934.
Come e noto l'asilo fu dedicato alla memoria della nobildonna calabrese Principessa Marietta Pignatelli di Cerchiara, una fattiva collaboratrice dell'Associazione, morta nel 1925 in un incidente d'auto in Messico. Fu corredata con una lapide dello scultore Dantino, ed era abbellita da un trittico di m. 2 x 4 dipinto e donato dal pittore A. Barlow Brewster. In un appunto scritto da Giuseppe Isnardi si legge " La nobildonna Mariettina Pignatelli di Cerchiara fece parte fin dalle origini calabrese dell'istituzione, nel 1910. Ad Africo, sopra Bova, nell'Aspromonte orientale, la plaga più deserta e faticosa della regione, sta sorgendo una casa dei Banbini che avrà il suo nome. Avevamo, in verità, pensato piuttosto a S. Angelo di Cetraro o alla Sila. Ma Africo è forse il più povero fra tutti i paesi della zona più povera della Calabria; d'una povertà dura e taciturna che spaventa".
Il suo coinvolgimento non fu solo emotivo, ma si spinse oltre, fino ad organizzare un’inchiesta sulle condizioni del Comune, come si è detto. Per la parte economica si rivolse a Manlio Rossi Doria, socio dell’ANIMI fin dal 1922 e laureando in Agraria alla Scuola Superiore di Portici.
La mattina del 4 Settembre 1928 Umberto Zanotti Bianco, Manlio Rossi Doria, Gaetano Piacentini e Carlo Buttini, ingegnere Capo del Genio Civile, partirono da Reggio Calabria alla volta di Africo e da una lettera di Zanotti Bianco a Piacentini, che accompagnò la comitiva ma fece ritorno immediatamente a Reggio, scopriamo che alla “compagnia” era aggregata anche una certa signorina Tondelli, che rimase tutto il tempo necessario a concludere le ricerche, ed inoltre dallo scritto di Simone Misiani - almeno così interpretiamo - che c'era aggregato in comitiva anche Ernesto Buonaiuti, lo storico del Cristianesimo. (Meridionalismo e bonifica integrale. L'inchiesta sulle condizioni del Comune di Africo - in Umberti Zanotti Bianco 1989-1961 AA.VV., Italia Nostra)
Da quella esperienza nascerà lo scritto "Tra la perduta gente". Tra la perduta gente è il racconto su Africo che da il titolo al'intera raccolta. La raccolta contiene 7 racconti, 4 dei quali hanno un’ambientazione calabrese: oltre a quello appunto su Africo, ci sono "Alla stazione di Catanzaro Marina", "Pazza per amore" e "Aspromonte", quest'ultimo particolarmente significativo, trascritto in dialetto calabrese, della lotta per difendere la proprietà collettiva di un bosco, preteso come privato dai ricchi proprietari.
Il racconto più importante è quello su Africo, scritto nel 1928, frutto del risultato della famosa inchiesta, di cui il racconto ne contiene uno stralcio. Il metodo usato in questa inchiesta è quello che è stato definito dai sociologi americani “osservazione partecipante”: Zanotti Bianco, infatti, monta la propria tenda alle porte del paese e trascorre più di una settimana con gli abitanti, visitando e descrivendo le condizioni dei terreni, ad alto rischio di frana in quanto di arenaria friabile ed in forte pendenza (e la disastrosa frana del 1951 confermerà il prevedibile disastro), e le miserabili abitazioni, talora prive di alcune pareti, senza mobili ed affollate di famiglie numerose e dei loro animali. Prende nota delle malattie più diffuse (il gozzo endemico, la malaria, la denutrizione infantile) e resta particolarmente colpito dal pane, fatto, per la scarsità del grano, con farina di lenticchie e perciò poco nutriente e facile ad ammuffire, di cui invierà un campione a Giustino Fortunato. Indaga sulle cause più recenti dell’immiserimento e cioè la tassa sulle capre e il divieto di usare i mulini a palmenti, a favore di quelli meccanici. Prende nota del disastro delle vie di comunicazioni e della mancanza di ponti e di acqua potabile, luce elettrica. Gli "africoti", vestiti con calzature e indumenti primitivi e segnati dalla denutrizione e dalle malformazioni ossee, si affollano intorno al “forestiero”, per segnalare disgrazie ed ingiustizie e per chiedere aiuto.
La particolarità di questa inchiesta su Africo, è la maggiore attenzione alla questione agraria, a quella dei rimboschimenti, alla sistemazione del territorio, il ruolo decisivo delle bonifiche. Questa inchiesta e divenne da subito un classico della letteratura d'inchiesta e di denuncia di tutto il Novecento.
Ma lasciamo parlare Lui , lo fa, nel 1960 in "Animi nei suoi primi cinquant'anni di vita" dove traccia un sintetico racconto dell'attività dell'ANIMI e suo personale, svolta tra e per Africo e Casalnuovo. Si trascrive;
<<" Nel '28, per gravi notizie ricevute e per un appello del parroco, feci, ancora una inchiesta sulle condizioni del comune di Africo. Dati i miserevoli abituri ove era obbligata a vivere quella comunità, portai con me una tenda ove vissi durante tutto quel periodo.>>
<< Sono talmente stanco - scrivevo in quel lontano settembre '28 - di tutto il luridume, di tutte le malattie, di tutte le lacrime senza speranza di questa povera gente! Essa non ha per rifugiarsi che povere tane buie e sconsolate, e quando mi ritrovo solo a notte, nella mia tenda, non so sottrarmi dall'impulso di gridare aiuto per loro, impaccando e inviando agli amici lontani, a quelli che sanno soffrire il dolore altrui, una forma del locale terribile pane di cicerchie affinché lo trasformino in oro per le opere che qui abbiamo iniziato e per le molte che dovremo ancora fare.
Guardando il cerchio buio degli altipiani su cui brillano le stelle lontane, son tratto a domandarmi se realmente esistano al di là di essi, città felici e belle, esseri non angosciati dall'eterno assillo del tozzo di pane per non morire … E le cose e gli esseri che mi sono cari sembrano quasi fantasmi immaginati in sogno.>>
<< I risultati dell'inchiesta - in cui per la parte agraria chiamai in aiuto l'amico Rossi Doria - erano così gravi, che un gerarca si recò sul posto - non per verificare se le notizie erano esatte ed agire per rimediare a tanti mali - ma per informarsi da chi avessi ottenuto tutti quei dati, come se gli occhi non mi servissero per vedere. << Egli pubblicherà queste vergogne - pare che dichiarasse - disonorando il nostro paese all'estero!>>.
<<Alcuni reali benefici si ottennero da quell'inchiesta. L'Associazione nostra creò due asili, uno al centro l'altro nella frazione di Casalnuovo; una cucina per sfamare i più indigenti che recavano segni di evidenti di fame, ed un ambulatorio dato che il paese non aveva dottore, non farmacista, non levatrice, ma una povera vecchia <<pratica>> dalle mani tremanti. Riuscimmo poi in prefettura a far sospendere, per quella provincia, la legge che permetteva la molitura del grano soltanto nei mulini azionati da forza elettrica ( in tutta la provincia ve n'era uno a Reggio!) ed ad ottenere l'attenuazione della tassa sulle capre: dal Genio Civile la costruzione di una passerella sull'Aposcipo che i contadini erano obbligati a traversare giornalmente a cavalcioni su di una trave a più di 10 metri sul torrente, ed una seconda su di un altro torrente ed in fine, a metà circa del deserto altopiano che si doveva percorrere per recarsi ad Africo, un ricovero per coloro che venissero sorpresi da tempeste.
Tuttavia il partito non mi perdonò quel peccato - a suo giudizio - di <<lesa patria>> e di li a poco, tornato a Roma, mi vidi, senza alcun preavviso, fatto oggetto di continua sorveglianza da parte della polizia: primo passo per impedirmi di continuare il mio lavoro nel Mezzogiorno
… Molto attivo l'ambulatorio di Africo che nel 1930 registrava 10.579 cure varie, provvedendo anche a 8 bimbi privi di latte materno con farina lattea e polvere Drayco preparati dall'infermiera.
…Funzionò anche regolarmente in tutto questo periodo la distribuzione, sia ad Africo che a Lavello, di razioni di minestre e pane per vecchi indigenti senza famiglia: più di 8 mila razioni annuali per una quindicina di vecchi ad Africo: e più di 14 mila razioni annuali per una ventina di questi infelici a Lavello. Un laboratorio-scuola per bambini aperto nel '38-'39 con circa 20 allieve>>.
<< La disastrosa alluvione dal 15 al 20 ottobre 1951 che provocò notevoli danni a ben 75 comuni della Calabria, aveva indotto le autorità a trasferire gli abitanti di Africo e della sua frazione Casalnuovo verso la marina. Rimasero così deserti i due asili da noi costruiti con tanto amore, oltre al laboratorio femminile e la dispensario medico di Africo >>.
"L'inchiesta sulle condizioni del Comune di Africo", contenuta nella "Relazione sull'attività dell'ANIMI nel 2° semestre 1928", rivelava miserie che disturbarono il regime. Il pane immangiabile, i tuguri dove abitavano e le condizioni generali di un economia poverissima che aveva, come scoprì Rossi Doria, delle origini concrete nei vincoli Forestali, destarono scalpore in tutt'Italia. La terra vincolata per l’ufficio forestale era di 1051 ettari e secondo l’elenco della milizia 2506 in realtà erano 3555 ettari, come l'inchiesta stabilì, il 67 per cento della superficie totale del territorio comunale.
Il pane di Africo non a caso assume l’alta valenza simbolica proprio della comunione spirituale che Zanotti Bianco cerca tra la povertà meridionale e che nel 1928 così descrive con le parole di Fortunato: «“Questo pane” mi ha scritto Giustino Fortunato “l’ho veduto prima del 1860. Nella regione apulo-basilicatese” ne è perduta fin la memoria, né la più viva e sicura delle memorie giunge o potrebbe giungere a quel ciottolo antidiluviano>>. La lettera di Giustino Fortunato a cui fa riferimento Zanotti è del 17 settembre 1928; dice “Il pane di Africo era il pane di tutto il meridione d’Italia prima del ‘60”. Il pane nero, forse, è la piaga di Africo e di Casalnuovo che più ha impressionato gli amici di Zanotti Bianco cui ha spedito i campioni di quel miscuglio, definito “pane”. Quel pane Zanotti Bianco lo fece analizzare dal Prof. Bartolomeo Gosio, un medico mocrobiologo e biochimico, che sfiorò l’assegnazione del “Premio Nobel” per la medicina e la fisiologia nel 1922. B. Gosio scriveva a Zanotti Bianco a proposito di quel “pane”.
“Veramente il nome di pane è, pressoché, improprio. E’ la povertà di termini che ci obbliga ad usarlo”.
La denuncia contenuta nell’inchiesta portò a dei risultati concreti; l’attenuazione delle tasse sulle capre, una riduzione delle zone boschive vincolati, la soppressione della legge sui molini, la costruzione di passerelle sui torrenti da parte del Genio Civile, la costruzione di rifuggi per l’inverno tra Africo e Bova e le note scuole, asilo, l’ambulatorio dispensario e l’asilo nella frazione di Casalnuovo; un po di civiltà tra quelle montagne.
In seguito a quella iniziativa, Mussolini pose l'aut aut: “O Zanotti Bianco lascia l’Associazione o sciolgo l’Associazione”
Fu allontanato quanto prima dalla Calabria, cercando di reciderne l’attività e l’azione meridionalista, che lui concretizzo, come era nel suo stile, con l’impegno nelle attività culturali a cominciare da quello archeologico.
Tutto questo, e per tutto l'impegno che profuse successivamente per Africo - dopo l'alluvione del 1951 - ha reso Umberto Zanotti Bianco, per gli Africesi di allora e a quelle generazioni successive, anche dopo 60 anni dalla morte, uno di loro, un "compaesano"; una cittadinanza onoraria per meriti "acquisiti " sul campo.
Tuttavia, un piccolo appunto, sulla sua figura o meglio su ciò che scrisse su Casalnuovo, bisogna farlo. Da una testimonianza di Giuseppe Morabito, nipote del Sindaco più longevo della storia amministrativa di Africo, suo omonimo, si ricava una notizia interessantissima. Come detto decine di volte, ad Africo tra le meritevoli opere dell'Associazione ANIMI ci fù anche il famoso Ambulatorio antimalarico che serviva ad entrambi i centri; Africo e Casalnuovo. Nonostante il Centro e la sua frazione non siano in linea d'aria lontanissimi, lo sono se si percorreva la strada principale di circa quattro chilometri. Questo significava il trasporto degli ammalati fino ad Africo, su barelle improvvisate nel caso di malati non autosufficienti e carovane di malati diretti all'Ambulatorio.
Su iniziativa, per sopperire in qualche modo a questo problema, di due amici, il Medico Colombini, casalnovese di adozione, e Don Carmelino Morabito, un casalnovese che aveva studiato medicina a Messina e a Genova ma per motivi suoi personali, nonostante avesse concluso il percorso universitario non discusse mai la tesi di Laurea, aprirono un Ambulatorio privato e gratuito proprio a Casalnuovo nell'abitazione dell'ex Sindaco Morabito padre di Don Carmelino. Di questa iniziativa altrettanto meritevole, direi doppiamente meritevole, Zanotti non ne fa parola, in nessuno dei suoi scritti a cominciare dal racconto "Tra la Perduta Gente" fino alle sue memorie e nelle decine di lettere scritte ai suoi amici sparsi per tutt'Italia, sull'argomento "Africo". Ci domandiamo perché?.
Umberto Zanotti Bianco era perfettamente a conoscenza di questa iniziativa, perché egli è stato ospite a casa dell'ex Sindaco, e quindi ha visto di persona l'allestimento dell'Ambulatorio, perché lo ignora completamente? Una iniziativa del genere non era cosa da poco o insignificante per quelle giogaie aspromontane. Forse temeva la concorrenza? questa ipotesi non regge perché i mezzi del "suo" ambulatorio, surclassavano di molto quello dei due amici. Invidia verso l'iniziativa? neanche questa ipotesi regge ad una valutazione anche sommaria. Zanotti, aveva scritto più volte, che non riusciva a capire come quel popolo fosse così rinunciatario verso la propria condizione ed aspettasse sempre qualcuno che prendesse l'iniziativa in loro vece e non facessero nulla per migliorare la loro condizione; almeno quello che era nelle loro possibilità. Quindi una iniziativa del genere era ben venuta ai suoi occhi. Dunque ci domandiamo perché, da parte di Umberto Zanotti Bianco, un tale assoluto silenzio su questa iniziativa?.
Articolo e ricerche a cura di Andrea Morabito